Buon Natale ai fratelli dimenticati in carcere e grazie ai volontari
giovedì 23 dicembre 2021

Un giorno, per caso, senti parlare di loro. Inorridisci. Hanno commesso reati di difficile comprensione. Poi, lentamente, precipitano nell’oblio. Solo qualche nome rimane nella memoria collettiva, gli altri escono per sempre dalla scena. Sono persone problematiche da un punto di vista psichico, bisognosi di attenzioni e cure accurate, e che non sempre ci sono state. E così si sono smarrite dietro i loro fantasmi. Dove sono adesso? Che fine hanno fatto?

Nel carcere di Napoli-Secondigliano, in un reparto dedicato, sono detenuti queste persone, quasi tutti giovani, con problemi psichiatrici e con alle spalle reati più o meno gravi. Ognuno di loro si porta dentro la sua storia, non sempre di facile interpretazione. L’uomo è e resta un mistero, guai a ridurlo a ciò che mangia o considerarlo solo un prodotto dell’ambiente in cui vive. Venerdì 17 dicembre, dal caro amico Samuele Ciambriello, garante campano dei diritti dei detenuti, ricevo l’invito – accolto con gioia – a partecipare al pranzo nella sezione occupata da questi fratelli. Nel varcare la soglia, mentre i controlli vengono effettuati, ricordo che "visitare i carcerati" non è, per un cristiano, facoltativo, ma un dovere. Tra i giusti che Gesù proclama c’è chi ha portato loro un poco di conforto.

Comprendo– sia chiaro – il dolore, lo smarrimento, le difficoltà di chi da essi è stato colpito; non mi permetto di giudicare nessuno. Certo, è più facile vestire una bambina infreddolita, dar da mangiare a una famiglia povera, che abbracciare un uomo rinchiuso perché pericoloso. Tutte le regole, dovute al luogo e alla pandemia, vengono rispettate. Nei corridoi c’è un via vai di detenuti, guardie carcerarie, personale medico e paramedico, dirigenti. Poi, ci sono loro: i volontari, giovani e meno giovani. Aria di festa. Si mangia, si parla, si canta, si balla. Sguardo e conversazioni rivolti al futuro, a quando i cancelli si apriranno e la vita riprenderà a scorrere normalmente. Il pranzo è ottimo, i detenuti hanno cucinato non senza difficoltà, dovendo servirsi solo di piccoli fornelli.

Faccio fatica a mantenere i pensieri in ordine. Vagano, scappano, volano per conto proprio. Fisso il crocifisso, nudo, umile, povero, sulla parte di fronte a me. Gli rivolgo mille domande, poi, senza attendere risposta, parlo e rido con il fratello calabrese che mi siede accanto e che, con gentilezza, continua a riempiermi il bicchiere di aranciata. Non ne ho mai bevuta tanta. Certe canzoni napoletane sembrano scritte apposta per creare buonumore, armonia, allegria, e anche un pizzico di nostalgia. Cantiamo a squarciagola.

Tutti figli dello stesso Padre che «fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi»; tutti bisognosi di amore e di perdono. È una bella giornata, dalla finestra spalancata, il sole irrompe nella sala senza tenere conto delle sbarre. Entra per tutti, bacia tutti, riscalda tutti. Quei raggi luminosi e caldi mi ricordano la speranza, senza la quale nessun essere umano potrebbe continuare a vivere. Virtù sulla quale troppo poco abbiamo meditato. Come il sole, infatti, s’ intrufola dappertutto, non tiene conto degli ostacoli, dei pericoli, dell’età, della miseria, la speranza. Ed è proprio lei la protagonista di questo stupendo e singolare pranzo di Natale.

Insieme ai detenuti di Secondigliano, vogliamo abbracciare tutti i fratelli e le sorelle – in modo particolare i minorenni – che stanno scontando una pena. Buon Natale! Devono sapere che ci sono cari. Se la società civile, nei loro confronti, si è vista costretta a prendere questa dolorosa decisione è perché le hanno procurato dolore e sconcerto. Ma non ha mai perso la speranza di poterli, prima o poi, rivedere liberi e recuperati, impegnati a rendere più bello il mondo. Forza! Nessuno si lasci cascare le braccia. Il Bambino che giace nella mangiatoia è nato per tutti, anche e, forse soprattutto, per loro.

Un grazie a coloro che rendono un servizio in questi luoghi. Ai volontari e alle volontarie, veri profeti dei nostri tempi, che, senza nulla chiedere o pretendere, con semplicità, portano la gioia dove difficilmente riesce a penetrare, un grazie del tutto particolare. Buon Natale. E a presto.

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