Passo atteso di giustizia
venerdì 3 luglio 2020

Dopo più di otto anni il caso (drammatico) non è ancora chiuso. Ma la vicenda dei due "marò" che aveva diviso l’opinione pubblica è tornata ieri alla ribalta con una decisione importante che ne indirizza il corso verso la soluzione probabilmente più equa allo stato dei fatti. L’arbitrato della Corte dell’Aja è a doppio taglio: consegna ai protagonisti motivi di soddisfazione diversi e, al tempo stesso, riapre antiche ferite e amarezze. Ma soprattutto offre un’occasione propizia per cercare di apprendere una lezione più generale: le controversie, anche quelle venate dal nazionalismo – com’era diventata la partita giudiziaria tra India e Italia sui fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre – possono sempre trovare una composizione nei fori del diritto internazionale.

Non è stata una conciliazione semplice, e ci si è arrivati dopo un braccio di ferro condotto a forza di smentite pregiudiziali sul fatto (gli spari dalla nave "Enrica Lexie" che hanno ucciso due pescatori a bordo del "St Anthony" nelle acque del Kerala) e di un arresto arbitrario, operato con l’inganno e in violazione dell’immunità di cui godevano i due membri del San Marco. Si era allora nel pieno della "crisi dei pirati", che assaltavano mercantili nei mari orientali e meridionali del globo. Il presidio armato a bordo proteggeva un lembo semovente di territorio italiano e quello che accadde il 15 febbraio 2012 fu con tutta probabilità un incidente, forse dovuto alla mancata identificazione del natante locale, la cui rotta venne interpretata come ostile. Sarà ora un processo nel nostro Paese, cui è stata assegnata la giurisdizione, a decidere quale potrebbe essere stata la qualità dell’errore compiuto da due dei sei componenti della scorta assegnata alla petroliera in base a una legge emanata nel 2011 su impulso dell’Onu.

Di certo un errore venne commesso, e grave, perché due civili – Ajeesh Pink, 20 anni, e Valentine Jelastine, 44 – che andavano a pesca di tonni con altri 9 compagni rimasero uccisi. Vi fu imprudenza del comandante della barca o precipitazione dei militari, che non avrebbero seguito, secondo la ricostruzione fatta dall’India, le procedure codificate? Lo dovranno stabilire la Procura e i giudici di Roma, chiamati a completare le indagini. Non potrà e non sarà, ne siamo certi, un procedimento "addomesticato" a favore di Girone e Latorre, che hanno ora il sollievo di sapere che non dovranno tornare in India e rischiare la condanna in un clima difficilmente sereno, ma pure la comprensibile preoccupazione di rispondere in tribunale della loro condotta. In India due famiglie che non conoscono ancora la verità dei fatti chiedono chiarezza e che eventuali responsabilità penali siano punite.

Intanto, insieme agli altri pescatori, riceveranno un indennizzo dallo Stato italiano, come stabilito dalla Corte dell’Aja, e come è giusto e doveroso che sia, seppure molto tardivamente. Nulla ridarà la vita ai due pescatori, eppure i loro parenti potranno forse migliorare la propria condizione economica e sociale in una nazione che con i cittadini cristiani come loro si rivela spesso poco tollerante ed equo.

L’altra lezione che possiamo trarre è che la lotta alla criminalità e al terrorismo (perché la pirateria ha qualcosa di entrambi) deve essere sempre condotta con la massima decisione, ma anche con la massima trasparenza e il massimo rispetto possibile dei diritti umani. Casi sicuramente assai diversi eppure mediaticamente vicini – quali quelli delle violenze della polizia americana sui giovani afroamericani, e anche episodi per nulla luminosi della lotta al fondamentalismo – ci dicono che nessun innocente può essere strumento inconsapevole di una linea dura disposta a sacrificare qualcuno per difendere la maggioranza da minacce e aggressioni.

I due fucilieri di Marina non sono certo dei 'giustizieri', bensì militari che rischiavano la vita per difendere l’equipaggio, e la parola finale della vicenda potrebbe anche essere un’assoluzione. Resta il dolore delle famiglie indiane colpite da un irrimediabile e ingiusto lutto e pure di quelle italiane, a lungo forzatamente separate e ancora oggi incerte sul futuro. Le guerre, pure a bassa intensità, lasciano sempre vittime sul campo. Un simbolico riavvicinamento tra Italia e India, uno scambio rinnovato di messaggi fra chi ha vissuto la vicenda in prima persona sarebbero il segno che guardiamo avanti e tentiamo di non ripetere gli sbagli del passato.

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