sabato 4 giugno 2022
Sono una pediatra neonatologa, in pensione, e per 40 anni ho lavorato nel nido e nella terapia intensiva del Policlinico universitario Federico II di Napoli. Ogni paio di mesi le cronache riportano ca
Parto anonimo e «culle per la vita»: due alternativa seria all'aborto
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Gentile direttore,
sono una pediatra neonatologa, in pensione, e per 40 anni ho lavorato nel nido e nella terapia intensiva del Policlinico universitario Federico II di Napoli. Ogni paio di mesi le cronache riportano casi di neonati abbandonati (oggi a Catania). Vorrei far presente e spero che si trovi il modo di pubblicizzare quanto segue: in Italia esiste la possibilità del parto in anonimato per cui la donna partorisce in ospedale ricevendo la dovuta assistenza al parto e poi può abbandonare il bambino senza che ne rimanga traccia. Si aiuta il neonato se si aiuta anche la mamma e viceversa; bisogna che le donne sappiano di avere questa possibilità (frutto di una legge di grande civiltà) e affinché lo sappiano va fatta la dovuta informazione in tutti i luoghi dove possono ascoltare e comprendere ciò che l’interessa, in varie lingue e in posti pubblici come metropolitane, chiese, mense etc. Non sono adeguate le culle termoriscaldate presenti in vari ospedali e reclamizzate come eccellenze; si deve partire dalla madre senza colpevolizzarla, ma offrendole le giuste cure e l’adeguato conforto. Sono certa che seguendo la legge del parto in anonimato si riuscirebbero a salvare tanti neonati e anche tante mamme e forse anche a farne rimanere qualcuno con la propria madre.

Concetta Fausta Cascioli


Gentile dottoressa Cascioli, la lettera che ha voluto indirizzarci solleva alcuni aspetti che anche per noi sono fondamentali quando si parla di difesa e di promozione della vita nascente. Il direttore mi invita a rispondere alle sue osservazioni, e lo faccio molto volentieri. Inizio da un primo aspetto, su cui sono in accordo con lei: è necessario far conoscere di più e meglio la legge che consente il “parto in anonimato”, attraverso campagne istituzionali e locandine in tutti i luoghi in cui può trovarsi una donna in stato di gravidanza. La consapevolezza delle opportunità offerte da questa legge potrebbe sicuramente salvare molte vite. Ma nessuno se ne occupa ed è chiaro il motivo: la nostra società considera come personale la scelta di accogliere o non accogliere un bambino. Una decisione della donna sulla quale non si può e non si deve interferire. Ecco allora che pubblicizzare il parto in anonimato come una alternativa degna e umana all’aborto, manifestare insomma una preferenza per la vita a dispetto dell’assoluta e persino solitaria autodeterminazione, potrebbe essere bollato come una indebita pressione sulla donna. E apriti cielo... Sul secondo aspetto, invece, mi permetto di dissentire: lei, gentile dottoressa Cascioli, sostiene che le culle per la vita “non sono adeguate” ad aiutare una mamma in difficoltà. È vero, i neonati deposti in sicurezza nelle culle non sono molti. Ma quelle culle sono un richiamo e una testimonianza. Sono lì a dirci che i bambini non si lasciano per strada, ma vanno protetti quando sono più indifesi, e che c’è qualcuno che se ne prenderà cura. La presidente del Movimento per la Vita, Marina Casini, recentemente ci ha raccontato di aver conosciuto donne che si sono convinte a mettere al mondo un figlio, altrimenti indesiderato, solo per aver visto una culla in un angolino alle porte di un ospedale, o un volantino che presentava questo servizio. Perché in cuor loro cercavano un’alternativa a quell’atto estremo e senza ritorno che è l’aborto.


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