Parliamo di democrazia sul lavoro per dare voce anche ai più fragili
sabato 20 maggio 2023

Tra gli aspetti positivi della proposta di legge di iniziativa popolare recentemente depositata dalla Cisl, c’è quello di aver rimesso a tema un concetto di cui si sente parlare sempre meno: la partecipazione dei lavoratori.

Una proposta che ha una finalità promozionale dello strumento nelle sue diverse declinazioni (organizzativa, finanziaria, consultiva ecc.) attraverso la forma della contrattazione collettiva, e quindi non per via unilaterale. La partecipazione dei lavoratori può sembrare un concetto antico ma che in realtà, letto nella sua più ampia chiave di strumento di democrazia industriale, è di particolare attualità. Di democrazia industriale si è iniziato a parlare al sorgere della società industriale e del diffondersi delle prime grandi imprese, in un momento storico nel quale si affacciavano le prime forme mature di democrazia e la base elettorale si andava ampliando, le fabbriche erano tutto tranne che democratiche e vigeva il ruolo autoritario del datore di lavoro nei confronti del suo subordinato. Questa genesi potrebbe portare a confermare l’anacronismo della democrazia industriale, ma se si osservano i concreti spazi di partecipazione dei lavoratori si capisce che c’è ancora molto da fare. Anche perché è possibile leggere il tema nell’ottica della forte domanda che muove i processi di costante turnover che le imprese stanno vivendo e che sono spesso causati da una insoddisfazione dei lavoratori per il loro posto di lavoro. Non solo insoddisfazione per le condizioni economiche e contrattuali più o meno rispettate, ma anche per un ambiente di lavoro nel quale si possa avere un ruolo attivo, nel quale il proprio contributo sia chiaro e non si sia solo pedine di un gioco del quale non si comprendono pienamente le regole da altri definite. Il tutto in una crescente pressione per la valutazione delle proprie performance, magari mediante supporti tecnologici che monitorano dati e attività, senza che ciò apra parimenti a uno spazio di partecipazione in quelle decisioni, magari anche più prossime e non per forza apicali, in virtù delle quali si è poi valutati.

Siamo peraltro in una fase storica nel quale si osserva una forte polarizzazione delle figure professionali data dalla tecnologia, che tende a ridurre al minimo le professioni più ripetitive e routinarie. Questo genera, da un lato, un insieme di lavoratori dalle elevate competenze, molto ricercati, che chiedono che di queste competenze non si faccia un uso meramente estrattivo, attraverso invece un coinvolgimento a più ampio raggio, non solo ex post ma anche con una partecipazione nei processi decisionali. Dall’altro, lavoratori meno qualificati ma necessari per il funzionamento di molte attività economiche sia nei servizi che nella manifattura. Per questi lavoratori si fatica maggiormente a immaginare forme di partecipazione, ma si sbaglia. Infatti occorre declinare la partecipazione in diversi modi, così che anche nei lavori meno qualificati vi sia spazio per una vera voce nei processi produttivi anche più semplici, spazio per la crescita professionale, per l’ascolto delle loro esigenze. Queste due categorie molto diverse hanno in comune oggi la loro scarsità, data dal connubio tra dinamiche demografiche declinanti e maggior consapevolezza sul senso che il lavoro può avere nella propria vita. Ciò fa sì che non sia più rimandabile una attualizzazione del discorso sulla democrazia industriale oggi, che potremmo chiamare più semplicemente, per evitare di caricare di un peso novecentesco il concetto, “democrazia sul lavoro”. Non è un caso che a rilanciare il tema sia stato, oggi come in passato, un sindacato. Perché se uno degli elementi di crisi della democrazia politica è l’assenza di soggetti forte che possano intermediare le richieste dei cittadini allo Stato e i loro bisogni, lasciando spazio a populismo da un lato e tecnocrazia dall’altro, con il lavoro lo scenario è molto simile. La perdita della dimensione collettiva del lavoro, che si esprime anche nella crisi delle adesioni al sindacato, è un problema anche per le imprese, alle quali manca un interlocutore strutturato. Partecipazione, democrazia, senso del collettivo, sono tutte facce dello stesso problema, non perdiamo questa occasione per rifletterci.

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