martedì 4 febbraio 2014
Cresce in fretta il traffico da car sharing. Almeno 160mila gli iscritti al servizio, più della metà dei quali solo a Milano Ma non è a impatto zero. Ecco perché. Analisi di Alberto Caprotti
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Ha qualche limite evidente e almeno una macroscopica contraddizione più o meno nascosta. Ma piace molto, funziona bene e soprattutto è la "moda" del momento: il car sharing, cioè l’impiego dell’automobile in condivisione e a tempo, è una tipologia di noleggio che sta vivendo in Italia una diffusione esponenziale. Talmente rapida nella sua crescita che non esistono dati aggiornati precisi per quantificarla a livello nazionale, anche se fonti ufficiose parlano di almeno 160mila iscritti al servizio, più della metà dei quali solo a Milano. Intuitive le ragioni del successo: caro-parcheggi, aumento delle zone a traffico limitato (l’Italia è prima in Europa con le sue 103 Ztl), e soprattutto costi di acquisto e manutenzione sempre meno sostenibili hanno reso il rapporto tra città e automobile privata sempre più difficile. Per questo la "chiave d’accesso" ad una mobilità alternativa su quattro ruote si sta affermando anche in Italia, che con 34 milioni di vetture circolanti ha un tasso di motorizzazione di circa 61 auto per 100 abitanti, uno dei più alti al mondo. Lanciato già nel 2001 da Legambiente senza tecnologia a bordo per un pubblico di nicchia, e nato inizialmente come modalità per sostituire la seconda macchina di famiglia o per rimpiazzare efficacemente (ed in modo più economico) gli spostamenti in taxi, il car sharing sta convincendo oggi soprattutto l’utenza più giovane, per indole meno legata al possesso del veicolo, economicamente non attrezzata per affrontarne l’acquisto, e comunque più propensa a spostare la spesa all’uso effettivo dell’auto, solo quando e dove serve.
Non a caso le formule che stanno ottenendo il maggiore successo a Milano, nuova capitale del car sharing – cioè quella di Mercedes con le Smart di Car2Go e quella di Eni con le Fiat 500 di Enjoy – sono svincolate dal ritiro e dalla riconsegna delle auto in apposite sedi, ma consentono la totale libertà sia nell’inizio del noleggio (l’auto libera più vicina si reperisce consultando la mappa con un’apposita applicazione per smartphone), sia nella sua fine che avviene per via telematica e prevede il rilascio dell’autovettura in una qualsiasi area di sosta regolamentata, all’interno dell’area concordata da gestore e amministrazione comunale. Oggi il car sharing è presente in moltissime città italiane anche se in alcuni casi in forma quasi pionieristica. Milano conta invece su quattro operatori che offrono il servizio di auto condivise, e i 90mila iscritti al servizio possono contare su 600 Smart di Car2go, 300 Fiat 500 di Enjoy (che diventeranno circa 650), 160 auto di GuidaMi (dalle Smart ai Ducato) e 110 veicoli a batterie di e-Vai, cui si aggiungeranno tra pochi giorni 500 Volkswagen Up di Twist, l’ultimo operatore ad aver ottenuto il via libera nel bando comunale chiuso lo scorso 31 dicembre che ha invece escluso le Bmw di DriveNow, operatore attivo già in cinque città tedesche, poiché non garantiva tutti i requisiti dell’avviso pubblico.  Va detto che molti milanesi si sono iscritti sull’onda della curiosità, nel caso di Car2Go anche perché l’abbonamento era gratuito sino allo scorso settembre (ora costa 19 euro una tantum).
Solo una parte dei 90mila seguaci del car sharing cittadino dunque sono effettivi fruitori del servizio che, per quanto riguarda l’operatore che fa capo alle Smart di Mercedes ha fatto registrare sinora una media di 25mila noleggi a settimana, con una durata media – che si riflette sul costo reale del noleggio – di 25 minuti. Tra i pregi del car sharing c’è anche la tesi secondo la quale ogni auto condivisa porterebbe ad una (teorica) eliminazione nel giro di pochi anni di almeno 5 auto di proprietà. Resta il fatto che Milano in pochi mesi è stata invasa da 1.170 nuove autovetture (diventeranno 2.020), nessuna delle quali – tranne i 100 quadricicli di E-vai – elettrica né ibrida, ma tutte rigorosamente a motorizzazione tradizionale. Che dunque inquinano, creano traffico e occupano spazi pubblici esattamente come le altre, in palese contraddizione con la filosofia dell’amministrazione cittadina, che ha da tempo lanciato un attacco frontale alla mobilità privata su quattro ruote, ampliando gli spazi per le biciclette e penalizzando con tariffe sempre più alte i parcheggi. Quale corrispettivo forfettario per gli ingressi in Area C e le soste però, i gestori privati di car sharing pagano al Comune 1.100 euro l’anno per ogni auto che circola a Milano. Un particolare più che sufficiente per l’amministrazione comunale per chiudere un occhio sulla totale mancanza di eco-sostenibilità dell’iniziativa, e un’occasione persa per diffondere invece una mobilità veramente diversa, "pulita" e rivoluzionaria come quella elettrica, che con quasi due milioni di euro annui garantiti dall’incasso complessivo poteva essere avviata.
Rammarico a parte, la novità piace anche alle case automobilistiche e ai gestori. Anche se l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ha spiegato che si aspetta il break-even, ovvero il momento in cui Enjoy inizierà a maturare utili, solo a partire dal 2016. Al sistema manca (per ora, ma si sta studiando un sistema che lo corregga) un’applicazione unitaria per smartphone in modo da "mettere in rete" tutti gli operatori tra loro, per razionalizzare la ricerca delle vetture degli utenti iscritti a più di un servizio. L’auto condivisa comunque è una realtà intrigante, relativamente economica (dai 27 ai 29 centesimi al minuto per il noleggio senza nessun altro costo accessorio), risponde alle esigenze di un pubblico giovane, tecnologico e dinamico e soprattutto è in linea con la "filosofia della condivisione" che sta prendendo sempre più piede, anche lontano dall’ambito della mobilità. Secondo una ricerca condotta da Duepuntozero Doxa, il 13% della popolazione italiana ha utilizzato almeno una volta i servizi che permettono di scambiare e condividere beni, e il 59% conosce il fenomeno. Che all’estero in realtà è molto più diffuso, soprattutto a Vienna, Vancouver e Amburgo: in Germania gli utenti annui sono almeno 600mila, con Berlino in testa alla classifica degli iscritti al servizio.
Altrove nel panorama della sharing economy ha gran successo poi una diversa declinazione dell’auto condivisa, il car pooling, grazie soprattutto a BlaBlaCar, community dedicata alla condivisione dei posti in auto per dividere le spese di viaggio e che conta oltre 5 milioni di utenti iscritti in dieci Paesi europei. Secondo gli analisti di Frost & Sullivan, entro il 2020 i clienti dei servizi di car sharing saranno 26 milioni nel mondo, una quota che decuplica il numero attuale di fruitori dei servizi di condivisione auto. L’Europa dovrebbe fare la parte del leone garantendosi 15 milioni di utilizzatori del servizio, a partire dal milione attuale. Grandi prospettive di sviluppo dunque, soprattutto nei Paesi in cui il senso civico e il rispetto dei beni pubblici è più elevato, considerando che a Milano ad esempio i gestori di Car2go lamentano sui loro mezzi sempre più frequenti episodi di auto vandalizzate, gomme tagliate, vetri sfondati, navigatori satellitari prelevati dal cruscotto, specie quando le vetture sono lasciate in periferia. L’altra faccia, la peggiore, di un fenomeno nuovo, e ancora tutto da esplorare.
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