Coi vaccini non si può giocare. Meno che mai se c'è da votare
mercoledì 10 gennaio 2018

Distruggere costa meno fatica che costruire. Se questo è vero, si può ben dire che la campagna elettorale per le politiche del 4 marzo è per una larga parte improntata al risparmio di energie. Via il Job acts. Via l’euro (o forse no). Via le rette universitarie. Via la legge Fornero.

Niente di nuovo: a una certa potenza di fuochi d’artificio elettorali gli italiani sono abituati. Purtroppo: lo scetticismo – o il disincanto – nei confronti di chi dovrà rappresentarli e governarli non è una caratteristica ottimale per un popolo. Per diversi motivi, non da ultimo perché autorizza i candidati più spregiudicati ad alzare il tiro impunemente; sanno che, se eletti, difficilmente si esigerà che mantengano le promesse, mai prese sul serio fino in fondo.

Ma la questione si fa più complessa se le sparate elettorali riguardano argomenti di vita o di morte – sì, di vita o di morte – come i vaccini. Liquidare in una battuta da Twitter – eccola: “Cancelleremo norme Lorenzin. Vaccini sí, obbligo no” – la faticosissima mediazione raggiunta solo sei mesi fa in Parlamento va al di là delle promesse lecite e ammissibili a 2 mesi dalle elezioni.

Eppure Matteo Salvini, leader della Lega e candidato premier, che in questa pseudo-battaglia “free-vax” è in buona compagnia dei 5 Stelle, dovrebbe ricordare che la Corte Costituzionale a novembre bocciò il ricorso del governatore veneto leghista Luca Zaia proprio con la motivazione che la tutela della salute pubblica e individuale prevale sulla libertà dei genitori di vaccinare o meno i propri figli. Dovrebbe pure sapere che a fronte di un 6 per cento di “no vax”, impermeabili alle spiegazioni scientifiche sulla necessità della massima copertura vaccinale, il 57% degli italiani condivide l’obbligatorietà dei vaccini. Rimettere in discussione il decreto Lorenzin – dopo la sconfitta nelle aule del Parlamento – strizzerà pure l’occhio (elettorale) a quel 37% di italiani che, secondo un sondaggio Swg, è “free vax”, cioè pro vaccini ma lasciando libertà ai genitori, tuttavia è un segnale preoccupante di cui non si sentiva davvero il bisogno, proprio negli stessi giorni in cui la Francia porta da 3 a 11 i vaccini obbligatori per la prima infanzia.

Preoccupa anche la prossimità della data del voto con la scadenza del 10 marzo, termine entro il quale i genitori devono consegnare alle segreterie scolastiche la documentazione delle avvenute vaccinazioni. Se nella campagna elettorale persistessero le istanze dei “no vax” e dei “free vax” non vorremmo davvero essere nei panni dei dirigenti scolastici, costretti a lasciare i figli degli inadempienti fuori dalle aule. Ancora una volta sarebbero i bambini a pagare le conseguenze della irresponsabilità degli adulti. Ma non solo loro: a titolo di esempio, la bassa copertura vaccinale ha fatto registrare 4.885 casi di morbillo nel 2017; l’88 per cento dei contagiati non era vaccinato, il 74% di loro aveva più di 15 anni. Si tratta del 22 per cento dei casi registrati in tutta Europa. Quattro persone sono morte l’anno scorso per gravi complicazioni della malattia.

Del primo morto per morbillo del 2018 si sono celebrati ieri i funerali. Si chiamava Alessandro Grosso, aveva 41 anni. No, con i vaccini non si scherza.

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