Non ci sono stati né attenzione né maestri, serve un giudice
martedì 6 agosto 2019

Nelle rapine della banda del peperoncino «mancano sempre gli adulti - nota un inquirente -, non ci sono mai, né per reprimere né per capire». È vero. Ci han colto di sorpresa. Non sappiamo né impedirle né punirle. Ne avevamo un’idea minore. Sono più gravi di quel che pensavamo. Non dobbiamo generalizzare: sono pochi e si conoscono tra loro. Ma non dobbiamo banalizzare: sono pericolosi. C’è un salto tra il momento del crimine (com’erano veloci, allegri e festosi i ragazzi, quando strappavano le collane dal collo delle vittime e scappavano saltando i caduti, e quando poi brindavano al colpo riuscito chiamandosi per telefono: «Ehi, assassino!», «Ciao, assassino! ») e il momento in cui la Giustizia li va a prendere e gli notifica l’accusa: «Per omicidio preterintenzionale».

Perché «preter»? Praeter in latino vuol dire 'al di fuori, al di là': dunque secondo l’accusa l’omicidio non era nelle previsioni, che qualcuno o alcuni restassero morti nel pandemonio del furto in una discoteca con 1.400 clienti è un fatto che li ha colti di sorpresa, non ne sono responsabili. Ma a sentire le intercettazioni le cose non sono andate così. Rievocando la calca e il macello che si verificò tra la massa in fuga, il giorno dopo quei ragazzi non trovano altra espressione che questa: «Che spettacolo!». Non spaventoso, ma eccitante. Due volte eccitante: quando lo vedi davanti ai tuoi occhi e quando ne parli al telefono.

Stiamo cercando di capire chi sono, come sono, cosa provano, come ragionano questi ragazzi delle gang. Capirli è la pre-condizione per fare qualcosa per loro, su loro. E non sono come ci aspettavamo. Noi ci aspettavamo che la 'mozione' che li spinge a queste imprese fosse l’oro: rubano l’oro delle collane dal collo di ragazzi e ragazze, questo è il momento entusiasmante della serata, il momento successivo è deprimente e paralizzante, ed è il marasma che scoppia nella sala quando qualcuno si accorge che ci sono ladri in azione. Lì bisogna aver nervi saldi e cavarsela. Invece non è così. Rubare oro e salvarsi dal parapiglia son due fasi della stessa emozione, tutt’e due ti scaricano sul corpo una quantità di adrenalina che ti manda in godimento. Tutti urlano e scappano. Tu godi di vederli impazziti, come formiche in un formicaio che brucia. Gli altri si spaventano se uno cade e muore. Tu invece hai qualcosa di più importante da fare, tu devi continuare a rubare, più grande è l’inferno, più facile è la rapina. Allora ti accorgi che uno, due... tre cadaveri non intralciano la rapina, la favoriscono.

E allora perché «preter»? Che ci scappi una strage non è accidentale, è funzionale al rubamento. Ecco arrivano i soccorritori, sono storditi e impreparati, ottimo, puoi rubare anche a loro, sono ingenui, capiranno più tardi. C’è una sproporzione fra il reato e la pena, e la sproporzione è segnata da quel «preter», praeter. Abbiamo già incontrato questa sproporzione, quando erano di moda i lanci dei sassi dai cavalcavia. Improvvisamente ci fu un giudice che pronunciò la condanna per «omicidio volontario». E la spiegò, al giovane lanciatore di sassi che ascoltava spaventato: «Tu lanci questa pietra dal cavalcavia sull’auto sottostante, spacchi il vetro, picchi sul cranio dell’autista, e cosa pensi di ottenere?». Silenzio dell’accusato. Quel silenzio triplicò la pena e pose fine allo stolto divertimento.

Occorre un altro giudice, che tolga quel «preter» ai rapinatori al peperoncino. Gente giovane, senza maestri e senza senso del limite. Sono più cattivi di quanto pensavamo.

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