Noemi e Annalisa: occhi e memoria per Napoli
martedì 18 maggio 2021

Una coincidenza, certo, ma che inquieta. Sabato a Napoli è stata inaugurata una grande pittura murale che rappresenta gli occhi della piccola Noemi, la bambina rimasta gravemente ferita due anni fa, colpita per errore in un agguato di camorra. Poche ore dopo la cerimonia, è stato arrestato Salvatore Giuliano, ’o Russ, 37 anni, scarcerato nel maggio 2020 dopo 16 anni di reclusione per l’uccisione di Annalisa Durante, appena 14 anni, ferita gravemente il 27 marzo 2004 anche lei in un agguato di camorra. Noemi si è salvata, e sabato ha firmato il mural che la rappresenta, Annalisa è morta dopo un’agonia di tre giorni, allungando l’elenco delle vittime innocenti delle mafie. Anche Salvatore Giuliano era poco più di un ragazzo, ma era già un nome che contava negli organigrammi camorristi, rampollo della famiglia Giuliano che per anni ha dominato il quartiere di Forcella. Era lui l’obiettivo dell’agguato, organizzato dal clan rivale dei Mazzarella, rispose al fuoco a ripetizione e ferì Annalisa che era in strada per andare a passeggio con le amiche. Non era, lo ripetiamo per l’ennesima volta, nel posto sbagliato al momento sbagliato, mentre lo era chi ha sparato. Che non si è mai pentito.

Salvatore per tutto il processo aveva tenuto un atteggiamento strafottente, proprio da aspirante boss, mai ammettendo le responsabilità. Poi la condanna a 20 anni. Ridotti a 16 per 'buona condotta'. Così lo scorso anno è tornato nel suo quartiere ed è tornato a fare quello che faceva nel 2004, il camorrista. Tentava di ricostituire il suo gruppo e di 'riconquistare' il territorio. A colpi di estorsione, perfino a prostitute e a immigrati che occupavano abusivamente i 'bassi' di Forcella. L’importante era farsi vedere, riannodare i fili delle alleanze con altri clan, marcare il territorio, provando a riavvolgere il film interrotto quel 27 marzo. Ma come se quel giorno non ci fosse mai stato, come se le sue pallottole non avessero mai devastato il bel volto di Annalisa, l’angelo biondo di Forcella. Sedici anni di carcere non l’hanno cambiato. Sempre tranquillo, mai un problema, ma senza nessun passo indietro, solo aspettando di poter tornare a fare il boss. E così ha fatto. Una 'buona condotta' evidentemente non segno di conversione ma finalizzata ad altro. La fondamentale funzione rieducativa del carcere per lui non ha funzionato.

L’ennesima storia che non cambia in questa Napoli dove i giovani sono vittime e carnefici, quasi figli di un destino segnato. Sembra sempre buio. Ma non è così. O almeno ci si prova. Da marzo, grazie all’impegno della Prefettura e del Comune, si stanno cancellando decine di murales dedicati a camorristi ammazzati, spesso molto giovani, quasi fossero eroi. E vengono eliminati gli 'altarini' che li ricordano, illegali e sacrileghi. I grandi occhi di Noemi sono un’altra risposta, viva e affermativa, perché dicono che i bambini hanno diritto di vivere in questa grande capitale del Sud. Non sono memoria di chi non c’è più perché Noemi per fortuna si è salvata. Annalisa, invece, è tenace memoria, portata avanti dal papà Giovanni Durante, con l’associazione che porta il nome della ragazzina e con la biblioteca-teatro dedicata ai bambini che organizza tante iniziative con le scuole. Cultura per provare a salvare anche chi ha sbagliato strada o rischia di imboccare quella sbagliata. Memoria e impegno per cambiare. Una scelta di speranza come la decisione 17 anni fa di donare gli organi di Annalisa.

Giovanni, per tutti Giannino, manda questo messaggio proprio a Forcella dove ad Annalisa è stata interrotta la giovane vita. E dove il suo assassino aveva ripreso a operare, a delinquere, come se nulla fosse successo. Sabato l’arresto assieme ad altri tre trentenni, anche loro di note famiglie camorriste. Tutto come prima. La Napoli criminale che non vuole o non riesce a cambiare. Che distrugge giovani vite, quelle delle vittime e quelle dei carnefici. Mentre c’è una Napoli che vuole cambiare, nel nome di Noemi e Annalisa, nel ricordo delle vittime che si fa impegno, che difende i diritti soprattutto dei suoi figli più piccoli. E che rifiuta, coi fatti, destini segnati per sempre.

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