Nel ricambio di equilibri Pechino rimane lo snodo
mercoledì 16 marzo 2022

Un diverso atteggiamento della Cina nella guerra in Ucraina passa per un cambiamento nei rapporti tra Pechino e Washington. È quanto suggerisce l’incontro romano tra Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza Nazionale del presidente Biden, e Yang Jiechi, capo della Commissione Esteri del Comitato Centrale del PPC, malgrado se ne sia saputo pochissimo (A proposito: che si sia tenuto a Roma è solo un caso? Forse Draghi non è così defilato riguardo a quanto sta accadendo nel mondo come molti lo hanno descritto). Hanno avuto grande risonanza mediatica, infatti, le denunce americane di aiuti militari cinesi alla Russia cui i cinesi hanno risposto con un’irritata diffida agli americani perché non facciano disinformazione (è da sperare che l’asprezza della smentita indichi davvero la volontà di astenersi da tali aiuti).

Ma questo scontro pubblico non illumina su quali siano stati i contenuti dell’'intensa' discussione. La scarsità delle informazioni date dalle due parti, diversamente da quanto fatto da entrambe in occasioni recenti, potrebbe indicare la volontà di mantenere riservate questioni che considerano molto sensibili. Lo fanno pensare i commenti cinesi che non collocano l’Ucraina al primo posto tra le questioni trattate. Yang ha tenuto ad informare di aver chiesto che gli Stati Uniti siano coerenti con la linea dell’One China policy per quanto ri- guarda Taiwan (nel cui spazio aereo hanno volato, durante l’incontro, aerei militari cinesi) e di aver riaffermato che Xinjiang, Tibet e Hong Kong sono 'affari interni alla Cina'. Nel colloquio, insomma, Yang avrebbe messo in primo piano le questioni attualmente al centro dei duri contrasti sinoamericani. Perciò, ne ha dedotto il Global Times, sebbene l’incontro abbia costituito un segnale positivo in questi tempi così turbolenti, tra le due parti «vi sono ancora grandi divergenze sulla questione ucraina». Aver ricordato tali divergenze potrebbe significare che una pressione cinese sulla Russia per fermare la guerra in Ucraina è al momento solo un’ipotesi, realizzabile al termine di un percorso difficile, probabilmente lungo e senza esiti certi.

Non è una buona notizia. Ma il legame tra la questione ucraina e le grandi controversie sino-americane emerso nel colloquio di Roma conferma anche che la guerra scatenata da Putin sta mettendo in movimento tutti gli equilibri internazionali. Una convergenza di americani e cinesi riguardo all’Ucraina urta contro lo schema della 'nuova guerra fredda': Occidente contro Oriente, Stati Uniti e Europa contro Cina e Russia. Prima dell’aggressione russa all’Ucraina, tale schema sembrava destinato a consolidarsi sempre di più. Ma quanto è accaduto ha mostrato che questa chiave non è in grado di risolvere problemi imprevisti come quello creato da Putin, che suscita enormi preoccupazioni in Occidente e mette in seria difficoltà la Cina. Rimettere in discussione la 'nuova guerra fredda' tuttavia non è semplice: si scontra con un consenso anti-cinese bypartisan molto forte nel Congresso americano e con una linea pro Russia ormai da tempo consolidata ai vertici di Pechino. Sono molto interessanti in questo senso le notizie della discussione in corso tra intellettuali cinesi abitualmente vicini alla leadership di Pechino.

È il caso di un intervento di Hu Wei – vicedirettore di un centro di ricerca collegato al governo cinese – pubblicato da una rivista americana, in cui si afferma l’urgenza per la leadership cinese di staccarsi dalla Russia e riavvicinarsi all’Occidente per non restare isolata. Altri intellettuali lo hanno criticato, affermando che piuttosto è nell’interesse della Cina stringere rapporti con gli europei, mantenendo le distanze dagli Stati Uniti. Non sono voci che riflettono direttamente la discussione ai vertici del partito, ma è comunque indicativo che emergano ora. Si tratta infatti di un momento in cui, per motivi diversi, Stati Uniti e Cina sono spinti a ripensare la loro collocazione in un mondo sempre più multipolare.

È in gioco, tra l’altro, il futuro della globalizzazione. Molti sono convinti che ormai il mondo è entrato in una fase di de-globalizzazione, in cui accanto ai fattori economico-finanziari torneranno a pesare sempre di più quelli politico-militari. L’ipotesi di un ruolo cinese per frenare la Russia si collega invece alla prospettiva di una crescente integrazione economica mondiale, funzionale alle esigenze della modernizzazione cinese, oggi in una qualche difficoltà davanti alla contrazione della crescita del suo Pil e alle incertezze sulle possibilità di realizzare le promesse di una 'prosperità comune'.

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