lunedì 19 gennaio 2015
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L’avevano sconsigliato di andare. «È troppo pericoloso, Santità – gli hanno detto – il tifone è in arrivo e non scherza». E la tempesta tropicale è arrivata. Proprio lì, a Tacloban, dove un anno fa il tifone Yolanda causò oltre 6mila morti devastando intere città. Lì dove Francesco era atteso. Non ha voluto cancellare. Ed è sceso tra quella folla, centinaia di migliaia di persone sotto la pioggia battente, le raffiche di vento. Un impermeabile giallo trasparente come quello distribuito a tutti per l’emergenza. La veste bianca fradicia, le fronti baciate, le facce bagnate di lacrime. Il silenzio. La cronaca e le immagini ci hanno restituito ogni angolo di questi momenti. Ma quando al mattino presto di ieri sono cominciati ad arrivare in Italia i primi resoconti, neanche le parole dei reporter sembravano sufficienti: «Immaginate tutto questo, tutta questa gente e il Papa che tra il vento del tifone in arrivo pronuncia queste parole come solo lui sa dire: "Abbiamo un Signore che è capace di piangere con noi, che è capace di accompagnarci nei momenti più difficili della vita. Tanti di voi hanno perso tutto, io non so che dirvi, non ho parole... Lui sì, sa che cosa dirvi... Lui sì, può comprenderci perché è passato per tutte le prove, si è fatto uguale a noi"». Francesco ha sentito che doveva essere qui. Come Gesù quando provò compassione nel vedere tutta quella folla sfinita. «Per stare con voi», ha detto. Per nessun’altra ragione dunque che questa: condividere. Per essere dentro a tutta quella sofferenza. Essere lì, nel mezzo, dentro a tutto quel male. Al nostro male annichilito d’indifferenza. Il punto più alto, il vertice di questo viaggio in Asia – e non solo di questo viaggio – è qui. Non c’è prosa, né sentimentalismo, né eroismo, né protagonismo. La sola nuda realtà. Il cuore nudo. Quello di Dio a cui il Successore dell’apostolo Pietro rimanda. E il cuore del popolo. Le parole di Francesco non hanno altro scopo che far incontrare queste due intimità. E ciò non è possibile senza una comunicazione di amore. Nella conferenza stampa sul volo che dallo Sri Lanka lo portava nelle Filippine, Francesco aveva riportato le parole rivoltegli dal presidente dello Sri Lanka: «Dovremmo arrivare al cuore del popolo». «E quest’ultima parola tanto profonda mi fa pensare – aveva commentato Francesco –: soltanto arrivando al cuore del popolo, che sa cos’è la sofferenza, che sa cosa sono le ingiustizie, che ha sofferto tante cose, soltanto arrivando lì possiamo trovare strade giuste». Nella condivisione manifesta e nelle parole pronunciate dal Papa nell’isola del tifone la strada è indicata. Le nostre parole non servono. Un impermeabile giallo sì. E un uomo di Dio a cui guardare.
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