giovedì 18 febbraio 2010
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Duecentoventinove per cento. Un numero che preoccupa (la parte sana del Paese), che stupisce (i soliti "distratti"), ma che soprattutto deve scandalizzare. Tutti. Duecentoventinove per cento. Un numero da non prendere sottogamba. Fotografa l’aumento dei reati di corruzione tra il 2008 e il 2009, così come denunciato ieri dai vertici della Corte dei Conti in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario della magistratura contabile. Proprio nel giorno del diciottesimo anniversario dell’arresto di Mario Chiesa, il "mariuolo" per eccellenza, ad appena quattro giorni dai casi Pennisi e Masoero e nel pieno della tempesta per gli appalti legati alla Protezione civile, si torna a parlare di Tangentopoli con dati che parlano da soli. Una vera «patologia», la descrive il presidente della Corte, Tullio Lazzaro. Altro che "casi singoli"! Altro che "isolate mele marce"! «Non è come Tangentopoli, solo corruzione personale», avevano commentato alcuni politici alla notizia delle manette scattate ai polsi di Pennisi. E lo stesso presidente della Camera Gianfranco Fini era sembrato sdrammatizzare: «Oggi chi ruba non lo fa per il partito, ma perché è ladro». Già. Peccato che questo ladro, preso magari con la mazzetta in mano, sia in politica sotto i colori di un partito, che sia stato scelto e quindi votato su indicazione di quello stesso partito (anzi dei suoi vertici), perché così è nell’Italia, dove, come noto, nei Palazzi si entra quasi solo per cooptazione. La preferenza, unica arma dei cittadini-elettori, è stata di fatto abrogata (a livello nazionale) con la scusa di fare pulizia, per evitare il voto clientelare, il voto di scambio. Ma corrotti e corruttori continuano a essere eletti, col "via libera" dei partiti. E i mariuoli sono una vera massa, almeno a leggere i dati forniti dalla Corte dei Conti: lo scorso anno le Forze dell’ordine hanno denunciato 221 casi di corruzione e 219 di concussione. Più di uno al giorno. Rubano solo per sé? Fosse anche vero (toccherà alla magistratura scoprirlo), non ci sembra un’attenuante. Anzi... Torna in ballo la questione della selezione della classe dirigente, da quella politica a quella della Pubblica amministrazione. E così si corre ai ripari, come confermerebbero il codice etico per le candidature del Pdl – analogo a quello del Pd approvato nel 2008 –, e il sostegno trasversale alla proposta di legge anti-infiltrazioni della criminalità organizzata nelle campagne elettorali. Eppure, come sottolinea Lazzaro, mancano «anticorpi» contro le condotte illecite.Non è la prima volta che la Corte lancia questo allarme. Andando a rileggere le cronache dell’apertura dell’anno giudiziario degli ultimi anni troviamo che già nel 2003 i magistrati contabili avvertirono sul ritorno della corruzione, ripetendo l’avviso nel 2006. Inascoltati, evidentemente. Visti gli attuali esiti, poco è stato fatto per evitare un ritorno della mazzetta. Oggi, anniversario della scoperta del "mariuolo", ricordiamo qualche tentativo naufragato nel passato. Nel 1996 vennero nominati due comitati di "saggi", il primo dall’allora presidente della Camera, Luciano Violante, il secondo dal premier Romano Prodi, col compito di indagare il fenomeno e fare proposte. Ne nacque, l’anno dopo, la Commissione parlamentare anti-corruzione che, dopo un lungo lavoro, presentò una decina di proposte di legge proprio per garantire pulizia e trasparenza nella politica e nella Pubblica amministrazione. Esito? Praticamente nullo. L’unica realtà nata da quel lavoro fu l’Alto commissario anticorruzione (analogo ad altri Paesi europei): iniziò la sua attività nel 2004, con pochi mezzi e poteri, e venne abrogato nel 2008, trasformato nel Servizio Anticorruzione e Trasparenza presso il ministero per la Pubblica amministrazione. Ora la Corte dei Conti invita nuovamente a prendere provvedimenti contro questa «sorta di "ombra" o di "nebbia" che sovrasta e avvolge il tessuto più vitale e operoso del Paese». Appello da recepire al più presto. Con convinzione e profondità. Come il bisturi che per salvare una vita umana affonda senza tentennamenti nel tessuto canceroso. Perché davvero la corruzione è un cancro, che si insinua e distrugge la parte sana del Paese. E come tale va affrontato ed eliminato alla radice.
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