Ma il nome del nuovo Papa lo conosciamo già
mercoledì 7 maggio 2025

Lo sappiamo, il nome del nuovo Papa. E non perché ci sia arrivata un’indiscrezione da fonte attendibile: basta guardarci attorno, vedere la Chiesa di cui siamo fatti, il motivo per cui sentiamo di farne parte non solo per un certificato di battesimo in qualche cassetto ma perché dentro il suo abbraccio sappiamo chi siamo davvero.
Chiamato una volta per tutte, e per tutti i suoi successori quando meno se lo aspettava, Pietro guida ancora e sempre la Chiesa che ci ha generati e custodisce la nostra identità più vera, profonda, inseparabile. Anche quando ci siamo dimenticati di lei, la Chiesa ci attende, per riprendere la strada da dove si era interrotta. E sappiamo molto bene a chi è stata affidata, e non dubitiamo che ogni nuova identità possa avere il Pescatore di Galilea sarà sempre l’uomo che getta le reti quando tutti gli dicono non abbia senso farlo, si slancia nel mare in tempesta credendo di poter camminare dove è inaudito pensarlo: lo fa sulla parola del Signore della sua vita, si fida, lo riconosce, cerca la sua mano quando capisce in un istante che da solo – con le sole nostre logiche di progressisti e conservatori, di cordate e alleanze – non va da nessuna parte. Semplicemente affonda.
Noi sappiamo che il nuovo Papa si chiama sempre Pietro, ed è sempre quell’impasto di ardimento e paura, di fede e dubbio. Di slancio e tradimento. Nella notte del mondo, e con le sole alchimie umane, sappiamo come va a finire: si rinnega tre volte, avendo chiuso la strada al mistero che avvolge la vita del mondo come le braccia di una madre. Se lo Spirito Santo non avesse diritto di parola in ogni passaggio della vita, e quanto più quando la Chiesa si interroga sul proprio futuro, avremmo escluso che Dio possa parlarci senza dover rendere conto del motivo o dello scopo, come se fosse un Chat Gpt spirituale attivabile al bisogno, e nemmeno tanto necessario. O lo Spirito c’è e agisce, adesso, o Pietro è condannato per sempre a negare di conoscere Gesù che l’ha chiamato per nome, e continua a farlo, anche oggi che attendiamo di vederlo nuovamente in volto. E allora, certo che lo sappiamo chi è il nuovo Papa: è l’uomo che segue Dio anche in cima al Calvario, che non ci lascia soli davanti a nessuna domanda della vita, che apre il Vangelo come se fosse fresco di inchiostro e lo fa parlare la sua lingua di gioia e di pace, che si apre a tutti perché a tutti è stato mandato, e ancora una volta a ogni estremo confine della nostra umanità. Non può che essere così. Pietro è lui: e davvero non importa se saluterà dal balcone di San Pietro in un modo o nell’altro, se abiterà o meno a Santa Marta, sarà asiatico, europeo, africano o americano, più giovane o più anziano, gioviale o riservato, facile al sorriso o timido. Sarà Pietro, e moriamo dalla voglia di conoscerlo. Possiamo comporre il nostro identikit ideale, certo, è umanissimo. Come quando è in arrivo un figlio, e sai appena se sarà femmina o maschio, e i genitori fantasticano su come vorrebbero che fosse e diventasse. Tutto incerto, tutto da farsi. Che disastro se volessero determinare tutto, scrivere il suo destino, assemblare le sue caratteristiche in base alle loro speranze. La vita è così: misteriosa. Ma hanno, mamma e papà, una sola certezza: che dentro questo mistero indispensabile alla nostra esistenza lo amano già perdutamente per quello che è e rappresenta. Un Papa in scatola di montaggio, esito dell’espulsione di fatto dello Spirito come simpatico complemento d’arredo in una fede dove forse le idee hanno prevalso sulla vita, potrà soddisfare le aspettative degli uni a svantaggio di altri, pronti da ogni parte a dichiararsi entusiasti o delusi in base alla somiglianza rispetto al profilo ideale che per qualunque anche ottimo motivo ci siamo costruiti. Nelle ore che ci separano dalla fumata bianca – quante? Nemmeno questo sappiamo, e ancora pensiamo di poter determinare qualcosa? – proviamo allora a liberarci dalla convinzione di sapere già cosa deve fare la Chiesa. Perché andrà comunque diversamente, poco o tanto si vedrà: ma avremo perso l’occasione unica di scendere dalla barca sulle onde del mare fidandoci solo di una Parola che ci ha cambiato la vita.
Il mondo attorno è curioso come non mai, ci guarda di sottecchi con l’aria di chi la sa lunga, e senza darlo a vedere muore dalla voglia di capire: ma questi ci credono davvero? E a cosa affidano la loro vita? A quale speranza? E sarà vero come dicono che “non delude”? E se da quella finestra si affaccia uno molto diverso dal predecessore? Domande che facciamo nostre, se accogliamo il mistero e ci apriamo alla voce dello Spirito che parla sotto la volta del Giudizio in Sistina e dentro la navata silenziosa della nostra anima. Lo sentiamo? E’ la stessa voce. E se la ascoltiamo probabilmente ci dirà che i cardinali non sono venuti a Roma da tutti gli angoli del mondo a eleggere il successore di Francesco ma a conoscere il nuovo nome del successore di Pietro.
Sarà dunque Pietro, ancora una volta, il pescatore che si è affidato a Dio cedendo di schianto al fascino irresistibile di una vita spesa a pescare uomini, a cominciare da sé stesso. Uno così sarà anzitutto libero di essere quel che è, porterà la sua personalità, il suo frasario, i suoi gesti, i suoi modi di fare e di dire. Sarà Pietro, ancora una volta, l’uomo scelto da qualunque posto del mondo – la sua e la nostra Galilea della prima chiamata – per farci innamorare daccapo della Chiesa.

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