mercoledì 4 maggio 2016
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A Reggio Calabria, dopo i fattacci degli Ospedali Riuniti, si prova a respirare aria di normalità. È in atto addirittura un processo di rinnovamento che passa da un inedito fermento culturale: la riapertura del Museo archeologico, sabato, ha conferito alla città dello Stretto l’entusiasmo della ripartenza. Anche il ritrovamento di alcuni reperti archeologici durante gli scavi per la costruzione di un parcheggio sotterraneo nella centralissima piazza Garibaldi, ha riacceso interesse e passione per la storia locale, i suoi trascorsi magno-greci, le sue innumerevoli rovine e ricostruzioni. Il coraggio di ricominciare è inciso nel Dna del popolo reggino. Alle cadute, però, si rimedia non solo con la ricostruzione ma anche con la prevenzione. Se infatti crescono desideri e aspettative nei confronti del nuovo assetto politico e amministrativo che entrerà in vigore con la nascita della «Città metropolitana», e il Patto per Reggio firmato davanti alle statue dei bronzi di Riace dal premier Renzi e dal sindaco Falcomatà assicura un importante afflusso di denaro per la realizzazione di opere pubbliche necessarie, allora è chiaro che, in egual misura, bisognerebbe dotarsi di anticorpi indispensabili per evitare le solite 'distrazioni' e le inesorabili cadute che abitualmente dissipano le fatiche dello Stato in terra calabra.  Gli organismi di controllo, in particolar modo, dovranno vigilare affinché niente vada storto, tutto converga per il meglio e trovi giusta e corretta applicazione. Ma chi controlla i controllori? Già, perché se la storia non inganna a Reggio Calabria anche la scelta (e molto spesso l’azione) di chi doveva sorvegliare è stata quantomeno dubbia. Come fare quando prevale il tentativo di insabbiare, coprire e mascherare, anziché il dovere di denunciare, scoprire e regolarizzare? Come si possono prevenire i loschi meccanismi della ’ndrangheta, del crimine organizzato, della corruzione corporativa se, prima di tutto, non c’è una limpidezza nelle scelte di chi deve prevenirli? Viene spontaneo citare il proverbio del Vangelo di Luca: «Può un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?». È un dramma se i ciechi fanno finta di vedere, se Caino continua a indossare l’abito di Abele. A Reggio Calabria è finito il tempo dei travestimenti. Il processo di avvio della Città metropolitana è davvero l’ultimo treno. A nessun bandito deve essere permesso di farlo deragliare. E i primi guardiani di questo treno saranno i reggini. Alla logica della responsabilità delegata dovrà subentrare una pedagogia collettiva, nutrita di corresponsabilità e di affezione al bene comune. L’opaca vicenda legata alla scelta dei membri della commissione di indagine interna agli Ospedali Riuniti, così come appare, non è una risposta adeguata al livello di civiltà di una città che, con enorme fatica, sta provando a valorizzarsi, combattendo il male che la logora. L’Azienda ospedaliera dovrà chiarire criteri e modalità di scelta, perché adesso i reggini non si accontentano più di approssimazioni: vogliono sapere.
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