L'«Ultimo Banco» di don Lagomarsini e il rispetto che libro e storia meritano
sabato 16 giugno 2018

Caro direttore,
immagina, assieme ai nostri amici lettori, di aver comprato una confezione con l’etichetta “Formaggio Parmigiano”. Ma, tornato a casa di aver scoperto un prodotto di tutt’altra qualità. È quello che è accaduto, se mi si passa l’analogia, a chi ha comprato il libro “Ultimo Banco” di Giovanni Floris. Così, ai molti che mi hanno chiesto se ho ceduto il titolo originale del mio libro “Ultimo Banco” pubblicato nel 2009 (seconda edizione: 2011), ho risposto che l’Editore Solferino se l’è preso a insaputa mia e del mio editore, la Libreria Editrice Fiorentina. Poteva farlo? Penso di no. A una prima contestazione amichevole, il gruppo Rcs (di cui Solferino fa parte) ha risposto che il titolo “Ultimo Banco” ha «un carattere descrittivo, comune e ampiamente utilizzato».
L’affermazione è piuttosto oscura e merita qualche chiarimento. Gli articoli che compongono il mio libro sono comparsi settimanalmente per tre anni su “Avvenire”, nella rubrica intitolata appunto «Ultimo banco». I miei testi mettono a fuoco le esigenze di «una scuola che produca scarti» e perciò non trascuri quelli che una volta venivano messi in fondo all’aula (<+CORSIVODIR_RISP>«the back desk»<+TONDODIR_RISP>, secondo gli inglesi) ed erano destinati all’insuccesso scolastico (<+CORSIVODIR_RISP>«fracaso escolar»<+TONDODIR_RISP>, secondo gli spagnoli). Ogni argomento è dunque visto dalla parte dei «Gianni» di cui ha parlato la «Lettera a una professoressa» nel 1967. Dopo quella data, chi mai ha tenuto una rubrica o pubblicato un libro col mio stesso titolo e la mia stessa impostazione? Del resto, accezioni diverse dell’espressione “ultimo banco” non ne esistono. Basta poi, per negare che ci si sia lo sfruttamento di un titolo fortunato, dire che «le due opere» risultano, inoltre, «distinte dal sottotitolo essenzialmente diverso»? E che significa: «si rivolgono a tipologie di lettori differenti»? Che c’entra l’«ultimo banco» con l’affermazione del sottotitolo «Perché insegnanti e studenti possono salvare l’Italia»? È la “fascetta” a chiarire l’impostazione di Floris: «Restituire centralità al ruolo degli insegnanti è il primo passo per cambiare la scuola. E l’Italia». Perciò «la rappresentazione grafica e figurativa della copertina», che è un cubitale «Ultimo banco» blu su sfondo giallo-arancio è proprio quello che vuole essere: una gherminella che sfrutta la eco ottenuta dal mio libro, ancora disponibile in libreria anche se privo del supporto mediatico e commerciale di cui gode Rcs. Nella speranza che Rcs riveda la sua posizione, suggerirei – a titolo gratuito – che Giovanni Floris, nelle prossime edizioni, cambi il titolo in «Viva gli Insegnanti». Titolo legittimo e più veritiero.

Sandro Lagomarsini

«A ciascuno il suo», caro don Sandro. Tu spieghi tutto benissimo. E io – sebbene mi renda conto che non è mai facile innestare la marcia indietro – mi sento soltanto di aggiungere che stile e cortesia a Giovanni Floris non mancano. Perciò arrivo a pensare che il suo Editore non possa e non debba essere da meno. Anche e soprattutto per rispetto a te, alla storia cristiana e civile di cui sei protagonista da padre e da maestro e alla lunga e coraggiosa “semina” nella tua ligure e appenninica “Barbiana” in Val di Vara...

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