La priorità ambientale e climatica
martedì 30 ottobre 2018

Si moltiplicano in questi giorni di inizio autunno il rosso, l’arancione e il giallo degli allarmi delle Protezione civile nazionale e di quelle regionali. I sindaci chiudono scuole e invitano a non uscire di casa, a evitare spostamenti, zona basse e sottopassaggi. Tanti avvisi, ripetuti, corretti, aggravati. Delle serie “noi ve lo abbiamo detto” oppure “uomo avvisato mezzo salvato”. Già, mezzo salvato. Solo mezzo. Perché poi si muore, quasi a ogni perturbazione. Fenomeni sempre più violenti, devastanti, distruttivi. Si muore di frane, si muore di calmi torrenti trasformati in pochi minuti in tumultuose colate, si muore in strade crollate e in case costruite dove non dovevano essere costruite, si muore sotto un albero schiantato.

Papa Francesco lo ha scritto a chiare lettere nell’enciclica Laudato si’: «Se la tendenza attuale continua, questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti climatici inauditi e di una distruzione senza precedenti degli ecosistemi, con gravi conseguenze per tutti noi». Ed è già così, come da anni ci avevano avvertito gli scienziati. Lo sapevamo, lo sappiamo. Come sappiamo che ben nove regioni italiani hanno il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico, e altre sei tra l’80 e il 100%.

Un’Italia fragile, un’Italia debole. Ancor più di fronte ai mutamenti climatici che ogni giorno che passa si fanno sentire in modo sempre più forte. E noi che facciamo? Avvisiamo. Ma è come se ci si limitasse e dire “al ladro al ladro” senza poi fare niente per evitare i furti. Basta chiudersi in casa? Evidentemente no, ancor di più se abusiva, costruita violando vincoli idrogeologici, magari in un vallone in forte pendenza, su terreno franoso o addirittura nell’alveo di una fiumara.

Fatti purtroppo non rari in tanti nostri territori. A Ischia, dove il governo gialloverde vorrebbe condonare le case abusive, nel 2006 morirono un padre e le sue tre figlie per una frana che travolse la loro casa irregolare. La legalità non è solo rispetto delle leggi, ma anche e prima di tutto tutela della vita. Che spesso porta a dover dire molti “no”. Anche se si perde consenso e qualche voto. Altri sono i “sì” che andrebbero detti. In questi giorni si parla molto di grandi opere, sicuramente utili al Paese, ma la grande opera veramente necessaria all’Italia è la messa in sicurezza del suo territorio da frane, alluvioni e terremoti. Servono tanti soldi, è vero, ma lo si dice da decenni e a ogni morto ci si accorge che poco è stato fatto, poco è stato speso. Eppure una grande opera di questo tipo, oltre a mettere in sicurezza il Paese, creerebbe tanti posti di lavoro, lavoro vero, ridarebbe fiato a tante piccole e medie imprese, sarebbe questo sì un volano per la nostra economia. Molto più di provvedimenti che promettono reddito, e non creano lavoro.
Siamo convinti che anche l’Europa approverebbe un bel pacchetto di miliardi destinato a risanare il nostro territorio, e consentirebbe anche di derogare dai vincoli del Patto di stabilità. Perché questi sarebbero soldi spesi bene, sono investimenti sul presente e sul futuro. E non si dica ancora una volta, comodo alibi, che i soldi sono pochi, che non basteranno mai. Vanno trovati con giudizio e, poi, spesi bene. Bene e rapidamente. Superando intoppi burocratici e assurde posizioni del “no”. I primi hanno bloccato per anni la messa in sicurezza dei torrenti che attraversano, “tombati”, Genova, e hanno sulla coscienza non pochi morti. Le seconde, con incredibili motivazioni ascientifiche, bloccano ad esempio la messa in sicurezza del Seveso che a ogni perturbazione riempie di liquami alcuni quartieri di Milano.

I governi Renzi e Gentiloni, grazie alla struttura di missione #Italiasicura della Presidenza del Consiglio, erano riusciti a recuperare un bel pacchetto di miliardi già stanziati da decenni, a sbloccare cantieri impantanati (Genova in testa), ad accelerare le procedure. Lo hanno riconosciuto molte Regioni, soprattutto quelle più a rischio.

Purtroppo oggi, e lo abbiano dovuto più volte denunciare, si è deciso di eliminare questa struttura insieme all’analoga che si occupava della sicurezza delle scuole, altra grave questione nazionale, ritrasferendo le competenze ai ministeri dell’Ambiente e dell’Istruzione. Decisione precipitosa e, come abbiamo già scritto, sbagliata (anche se siamo pronti a ricrederci e, speriamo di farlo, davanti a risultati positivi). Bisogna che sia chiaro a tutti che non è più possibile continuare a parlare di emergenza, e non bastano allerte e avvisi. È il tempo della cura del territorio, del rispetto attivo dell’ambiente. Il Parlamento approvi in fretta la legge sulla difesa del suolo, bloccata da troppi interessi nella passata legislatura.

Per fermare cemento e asfalto, i cantieri “cattivi”, abusivi e no, che consumano terra e salute. E per incentivare i cantieri “buoni” che salvano le vite, dando lavoro vero e aiutando davvero l’economia. Anche piccole cose come la cura degli alberi in città, così sofferenti, fragili, abbandonati. Sintomo di colpevole disattenzione. I soldi per tutto questo sono davvero un investimento sicuro e un lavoro degno e certo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: