giovedì 24 marzo 2016
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​Caro direttore,
tu e io facciamo lo stesso mestiere di giornalisti, ma oggi ti scrivo come mamma di tre bambini. Vorrei raccontarti una storia di quelle che i giornali dovrebbero raccontare come esempio del mondo cattolico che incontra quello laico nella maniera più vera e autentica. C’è una scuola paritaria in via della Conciliazione a Roma. Si chiama Scuola pontificia Pio IX, gestita da una congregazione di sacerdoti, i fratelli della Misericordia, che hanno scuole in tutto il mondo. A dirigere questa scuola per oltre trent’anni c’è stato un prete: fratel Emanuele Francesconi. Un “prete di strada”, di quelli che conoscono il mondo, che vivono nel mondo. Di quelli però che di questi tempi (e non è poco) non si poneva, se non in un modo profondamente evangelico, alcun dubbio di fronte alle derive della modernità. Non si nascondeva dietro un abito, non pontificava se non nelle occasioni ufficiali, faceva parte di quei sacerdoti che mostrano con l’esempio che Cristo è vivo e nella storia di ciascuno di noi. Conosceva tutti i bambini per nome e per vissuto. Molti li aveva battezzati, comunicati, ne ha sposato i genitori, ha insegnato loro, o anche solo indicato la via quando era necessario. Ha insegnato a ciascuno di noi soprattutto una cosa: la differenza tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e l’ingiusto, tra ciò che è cristiano e ciò che non lo è. Era educatore, padre spirituale e punto di riferimento. Ora ci ha lasciato. E ha lasciato una scuola che prima di essere il luogo della formazione era ed è una comunità. L’ha accudita e cresciuta come un pater cresce e accudisce la sua famiglia. E domani (oggi, martedì 22 marzo 2016, ndr) la sua famiglia si raccoglierà attorno a lui per l’ultimo saluto. Perché ti racconto questa storia? Solo per dare testimonianza di un esempio positivo. Di ciò che ancora dà un senso alla parola educazione. Di quanto ogni singola persona può fare la differenza. E di quanto la scuola può fare di noi e dei nostri figli persone migliori.
 
Cristiana Vivenzio
Grazie, cara collega, per questo ricordo di un uomo di scuola che io ho conosciuto solo da lontano, ma che tu – come altri amici e amiche – mi confermi essere stato un prete e un educatore di grande valore. Ne continuo a incontrare parecchi lungo il mio cammino e ognuno è speciale. Sono presidi e insegnanti che, nella scuola paritaria come nella scuola statale, si dimostrano anche capaci – uso le tue parole – di far incontrare il «mondo cattolico con quello laico nella maniera più vera e autentica». Il tuo grazie a fratel Emanuele Francesconi è giustamente molto mirato e caldo, ma ha anche il sapore e il senso di un omaggio a tutti coloro, uomini e donne, che lavorano con la stessa dedizione e la stessa intelligenza al servizio dei ragazzi e delle loro famiglie. C’è bisogno di saperlo dire questo “grazie” in un Paese che ha bisogno più che mai di investire – come la Chiesa italiana in questi anni sta chiedendo prima di tutto, ma non solo, a se stessa – in educazione. E abbiamo bisogno di una scuola che, valorizzando la grande cultura e la grande fede che hanno costruito la nostra civiltà e una antica e mai abbastanza lodata saggezza della convivenza e del lavoro comune, prepari gli italiani (ed europei) di domani.
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