martedì 30 luglio 2013
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Ancora in anni recenti giungeva a tarda sera alla sede di stampa di Avvenire per controllare in modo discreto la movimentazione dei pacchi di giornale da avviare alle edicole o al recapito a mezzo posta. Grazie a lui, Bruno Facciocchi, poche ore dopo il quotidiano arrivava agli abbonati e ai lettori fresco di inchiostro, di notizie e di commenti, voce offerta a tutti, espressione della Chiesa che è in Italia e dei cattolici impegnati nella società. Bruno Facciocchi – 80 anni portati con vigorosa prestanza – era una di quelle persone impegnate da oltre mezzo secolo in un lavoro ignoto ai più eppure preziosissimo, addirittura indispensabile: distribuire capillarmente il giornale, notte dopo notte, mattina dopo mattina. Era, abbiamo detto. Era, perché domenica Bruno ci ha lasciati, stroncato a Riccione, dove si trovava in vacanza, da una crisi sopraggiunta in forma repentina. Lascia la moglie Luisa, le figlie Elena, che lavora ad Avvenire, Daniela, religiosa della congregazione di Maria Ausiliatrice, e Marina, insegnante.
Il sodalizio Facciocchi-Avvenire durava dalla nascita del quotidiano cattolico nel dicembre 1968, ma già in precedenza Bruno si faceva carico della distribuzione del quotidiano milanese L’Italia, che dopo la fusione con L’Avvenire d’Italia di Bologna avrebbe dato origine all’attuale testata. Attività dura, la sua. Attività notturna come poche, soprattutto negli anni in cui l’orario di chiusura dei giornali si protraeva ben oltre la mezzanotte. Ed erano furgoni da caricare, bagagliai di macchine da riempire, precedenze da individuare, tabelle di marcia da rispettare, itinerari da scegliere, lunghe corse nel buio in mezzo alla nebbia che gravava una volta d’inverno sulla pianura lombarda, oppure su strade rese insidiose da una patina di ghiaccio... Per non dire dell’afa soffocante delle notti d’estate. Nulla era lasciato all’improvvisazione, la squadra operativa doveva essere collaudata e affiatata, pena il caos. Facciocchi era specialista nato in fatto distribuzione e diffusione di un giornale come Avvenire. Imprenditore-appaltatore, il suo legame con la testata andava però al di là del rapporto puramente di lavoro. Suo è il merito, tra l’altro, di aver formato e avviato ai segreti dell’arte l’équipe di professionisti che dall’interno del giornale si occupavano e si occupano della diffusione di ogni singolo numero e che ora lo ricordano come un maestro, burbero a volte, ma sempre cortese, disponibile, comprensivo e soprattutto competentissimo, capace di risolvere le situazioni più intricate.
Con lui se ne va l’apprezzato protagonista di un mestiere difficile e complesso, ma se ne va anche – per questo la perdita è più dolorosa – un amico vero. Merita di essere ricordato per quello che ha fatto in questi 45 anni, merita che ogni lettore gli sia riconoscente per la copia di Avvenire che – recapitata direttamente o affidata alle Poste – ogni giorno è stata indirizzata ai lettori grazie anche al suo silenzioso intervento dietro le quinte, unitamente a quello dei dipendenti amministrativi dell’azienda, dei tipografi, del personale tecnico di ogni livello. Persone il cui nome non comparirà mai nella gerenza o in testa a un articolo, eppure importanti – nella dinamica del giornale – al pari delle firme giornalistiche più prestigiose. In quasi 45 anni di cammino, molti di questi operatori umili e preziosi, che si impegnano lontano dai riflettori, ci hanno lasciato, e magari non li abbiamo sempre ricordati come meritano. Commemorarli con Bruno, ai cui familiari vanno le nostre fraterne condoglianze, e ricordare ai lettori quanto sia stata determinante la loro fatica per l’affermazione del quotidiano d’ispirazione cattolica è un modo per abbracciali e ringraziarli come meritano.
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