Le Rsa non sono delle prigioni (ed è importante ricordarsene)
martedì 25 gennaio 2022

La crisi pandemica, che non accenna a finire, ha riproposto il problema dell’apertura delle Rsa ai parenti per le visite ai loro cari. Alla sua specialissima maniera, Giacomo Poretti lo ha sottolineato con efficacia su 'Avvenire' di domenica scorsa, 23 gennaio 2022. Lo scenario è complesso e sarebbe davvero negativo se si volesse procedere secondo pregiudizi, come talvolta è stato fatto in passato.

Una prima considerazione riguarda la condizione di salute delle strutture, intendendo per salute prima di tutto quella degli operatori che, dopo due anni di continuo stress psicologico e di pesanti fatiche fisiche, ma anche di docce fredde causate dal chiudi-apri-chiudi, sono gravemente provati. D’altra parte, la letteratura scientifica internazionale conferma che la crisi e i rischi di burnout di chi assiste è diffusa in tutto il mondo sviluppato, ponendo pesanti interrogativi sul funzionamento, il ruolo e l’evoluzione di queste strutture. Lo stato di salute deve prendere in considerazione anche la grave mancanza, palesatasi in questi tempi, di operatori formati e la condizione economica, resa fragile dai maggiori costi sopportati per la difesa dalla pandemia e dalle minori entrate causate dalla ridotta occupazione dei posti letto.

Partendo con realismo da questa lettura, oggi è necessario continuare a battersi per un maggiore riconoscimento del ruolo delle residenze per anziani a livello politico, con il conseguente stanziamento di adeguati finanziamenti (da questo punto di vista, la vicenda del Pnrr è desolante). Contemporaneamente è però necessario dimostrare che, nonostante tutto, le Rsa sono mondi vitali, pronti a continuare a vivere perché rappresentano un pezzo della realtà sociale che non può essere cancellato, nonostante le motivazioni anche assai nobili di tale intenzione, ma che, al contrario, deve essere valorizzato Per la 'dimostrazione di vita', in questo momento, è centrale la capacità di gestire i rischi epidemiologici complessivi e, tra questi, anche quelli conseguenti all’apertura ai familiari. Agli inizi della pandemia vi erano motivazioni valide per le chiusure che sono state adottate, pur con gravi sofferenze da parte sia degli ospiti sia dei familiari. Oggi queste obiezioni sono state indebolite dalla diffusione delle vaccinazioni, la cui efficacia negli anziani si è rivelata indiscutibile, anche per quelli residenti nelle Rsa. Tuttavia, restano ancora aree di grande preoccupazione, per il crearsi di focolai all’interno di alcune strutture. La risposta a questa situazione è molto diversificata, perché alcune hanno bloccato completamente gli accessi, altre invece continuano a organizzare con molta prudenza e forti precauzioni le visite, escludendo però dagli accessi chi non è vaccinato.

In questo scenario merita attenzione il comportamento dell’Isrra di Treviso, che ha organizzato anche visite di persone novax, con un complesso sistema di protezioni, quando l’ospite si trova alla fine della vita o è affetto da una grave malattia. Infatti, ai parenti in visita vengono fatti indossare tuta, occhiali, guanti, mascherina, visiera, copriscarpe. Si tratta di situazioni eccezionali che hanno un’importanza che va al di là della singola situazione. Dimostrano che da parte delle Rsa non vi sono preclusioni a priori agli accessi, quasi fossero un carcere; inoltre, che in ogni singola situazione vi è un forte impegno per sperimentare il modo migliore per favorire il benessere degli ospiti. Pure in situazioni particolarmente critiche, talvolta dovute alla scarsa collaborazione dei cittadini, la qualità della vita è, e deve essere, al centro di ogni attenzione. È peraltro ben noto, anche sulla base delle esperienze del recente passato, che gli ospiti, seppure cognitivamente compromessi, percepiscono come un momento vitale, indispensabile, il contatto con i propri cari.

L’esempio di Treviso dovrebbe fare scuola, anche se vi sono altre realizzazioni simili, compiute con intelligenza e generosità; perché ciò sia possibile occorrerebbero però chiare indicazioni a livello nazionale. Infatti, per questi problemi non vi devono essere visioni particolari da parte delle diverse Regioni; le modalità per organizzare la difesa dal Covid-19 non dovrebbero dipendere da visioni localistiche. Inoltre, sarebbe doveroso riconoscere finanziamenti specificamente dedicati a questi momenti particolari, che comportano spese non irrilevanti. Si pensi che per una visita di 15 minuti, con protezioni integrali, si deve dedicare un operatore per la vestizione e la svestizione, che vanno compiute secondo precise regole. Di fatto si deve prevedere un’ora di lavoro di un operatore per una singola visita. Si devono anche considerare i costi delle protezioni integrali, che non sono trascurabili.

Il realismo deve indurre a considerare questi aspetti apparentemente meno 'nobili', ma fondamentali per permettere la realizzazione delle migliori scelte, ispirate al concetto di rispetto dovuto alle persone anziane, quale che sia il loro stato di salute.

Associazione italiana di Psicogeriatria

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