Una elaborazione grafica del progetto del ponte sullo Stretto di Messina - Ansa
Riceviamo e volentieri pubblichiamo nell’ambito di un dibattito che torna di stringente attualità dopo undici anni
Caro direttore, con questa lettera aperta al ministro Enrico Giovannini noi, membri di Green Italia, vogliamo fare eco alla richiesta di molte associazioni della società civile affinché il governo Draghi desista dall’idea di costruire un ponte (o tunnel) sullo stretto di Messina. Innumerevoli governi sono inciampati in questo desideratum dei grandi consorzi edili per rendersi poi conto dell’implausibilità di tale opera. E le ragioni (non solo ambientali, ma di buon senso) che hanno portato all’abbandono del progetto nel 2013 sono ancora tutte valide. Tra i principali problemi irrisolti del progetto, c’è l’elevatissimo costo di realizzazione, stimato tra i 7,5 e i 9 miliardi di euro. Ma tale cifra astronomica rischia tuttavia di essere una sottostima alla luce del prevedibile aumento dei costi derivato dalle 35 prescrizioni di carattere tecnico e ambientale richieste nel parere di Valutazione di Impatto ambientale e dal Cipe per il progetto del 2010. Vi è inoltre da considerare il fatto che il ponte sullo Stretto dovrebbe essere edificato in una delle aree più complesse del Mediterraneo dal punto di vista del rischio sismico e idrogeologico. Il devastante terremoto del 1908 che rase al suolo Messina e Reggio Calabria ci ricorda, infatti, che questa zona è tra le più dinamiche al mondo dal punto di vista geologico per l’incontro-scontro tra la placca africana e quella europea.
Altrettanto preoccupante è l’impatto ecologico che un’opera di tale imponenza avrebbe sui delicati equilibri ecosistemici locali. Il progetto di ponte elaborato nel 2010 e oggi riesumato dal governo in carica comporta difatti scavi per un ammontare di 6.800.000 metri cubi di terra: è facile prevedere che i 12 siti delle Rete Natura 2000 – tutelati dall’Europa ai sensi delle Direttive Habitat e Uccelli – presenti nella zona verrebbero compromessi in modo irrimediabile da tali attività antropiche. Ma se tutto ciò non bastasse vi sono anche seri dubbi sulla profittabilità economica del ponte.
Lo stesso appaltatore nel 2010 abbandonò il progetto poiché si rese conto che il ponte a regime sarebbe stato in perdita visto che il traffico ferroviario sarebbe assolutamente insufficiente e quello stradale stimato è solo l’11% rispetto alla capacità complessiva dell’infrastruttura. Ciò comporterebbe il rischio che ai pendolari – che rappresenterebbero la stragrande maggioranza degli utenti – siano applicati pedaggi altissimi. È indiscutibile che sia necessario porsi seriamente il problema di quali siano le priorità per il nostro Mezzogiorno.
Sono numerosi gli interventi per migliorare la logistica e le reti ferroviarie e stradali siciliane e calabresi, la mobilità urbana delle città, l’adeguamento e messa in sicurezza delle reti. In questi anni, in realtà, i servizi forniti dai traghetti e dalle ferrovie sono stati ridotti e c’è bisogno di interventi urgenti su infrastrutture che devono essere messe in sicurezza e adeguate, pensando nel contempo a velocizzare le relazioni e a favorire l’intermodalità a vantaggio di residenti, ospiti e turisti. Il dicastero presieduto dal ministro Giovannini è stato di recente ribattezzato, per enfatizzare la sua nuova missione strategica, che è quella di assicurare la sostenibilità ambientale delle infrastrutture nazionali. Ed è per questo che noi ci appelliamo a lui, affinché porti queste istanze di buon senso nell’agenda del governo e faccia valere la sua esperienza pregressa come portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). In questo tornante storico in cui l’Europa sta mettendo la transizione ecologica al centro del suo programma di rilancio sociale ed economico, ambientalisti autorevoli come Enrico Giovannini, oggi ministro della Repubblica, non possono astenersi dal prendere una posizione netta contro opere inutili e climalteranti che rischiano di condannare l’Italia a un’idea di futuro ormai anacronistica.
Annalisa Corrado e Anna Donati a nome del Direttivo di Green Italia