sabato 11 luglio 2015
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Caro direttore, mi viene spontaneo rivolgermi a lei così, dopo averla vista in televisione alcuni giorni fa parlare dalla sua redazione nella trasmissione di Bruno Vespa “Porta a Porta”. Le scrivo per complimentarmi con lei in quanto ha sollevato un problema al quale la maggior parte degli italiani non pensa: i futuri bambini delle coppie gay, che indubbiamente, come lei ha fatto notare, sono conseguenza diretta dell’istituzione di unioni matrimoniali o simil-matrimoniali di persone omosessuali. Dopo il riconoscimento della loro unione, infatti vorranno l’adozione dei figli del partner e poi dei figli che si procureranno con pratiche artificiose come inseminazione artificiale, acquisto di ovuli e affitto di uteri. È veramente inumano, a mio avviso, questo commercio di vita umana e lo sfruttamento di donne che si sottopongono a tali pratiche, magari per bisogno. Inoltre è pericoloso innescare un meccanismo di manipolazione della natura, tanto più se avviene là dove una nuova vita umana si costruisce. Tutti siamo responsabili del futuro dell’umanità e non possiamo avallare questo tipo di pratiche che porteranno il genere umano alla catastrofe. Alla base di tutto questo c’è il voler riconoscere come possibile qualcosa che è impossibile senza toccare e ledere gravemente la natura, la giustizia, il rispetto per la vita, anche lasciando da parte specifiche visioni etiche e di fede. Naturalmente gli omosessuali non devono essere discriminati, né maltrattati o ingiuriati, come accade. Non per questo però tutte le regole sociali devono essere declinate a loro uso e consumo, travolgendo tutte le altre vite umane, ponendo così la base per nuove ingiustizie più discriminanti di quelle che loro stessi combattono. Le chiedo se è possibile intervenire in qualche modo con i mezzi di comunicazione di massa per portare gli italiani a riflettere su tali questioni in modo più incisivo di come si è fatto finora. La ringrazio cortesemente, aspettando una sua gentile risposta. Una mamma e una nonna innamorata della vita Gentile signora, lei è una telespettatrice, non una nostra lettrice abituale e sono particolarmente lieto dell’apprezzamento e della condivisione che manifesta e che mi ha voluto far arrivare. Che non sia una nostra lettrice lo dimostra non solo la sua richiesta di firmare in modo molto bello, ma anonimo (richiesta che non capisco, ma rispetto: avrei fatto precedere volentieri il suo nome a quella definizione «una mamma e una nonna innamorata della vita»), ma anche la questione che mi pone. Da molto tempo, infatti, noi di “Avvenire” – come altri media, soprattutto di ispirazione cattolica – stiamo offrendo ai nostri concittadini motivi per riflettere su derive che rischiano – uso le sue parole – di «porre le basi di nuove ingiustizie più discriminanti» di quelle che si afferma di voler combattere. Scalfire la cupola del “politicamente corretto” è impresa davvero ardua, ma non impossibile. E noi continuiamo a crederci.Marco Tarquinio
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