L'assurda speranza di una donna cui nessuno ha detto come sperare
venerdì 22 novembre 2019

Era nata viva la neonata trovata martedì in un borsone davanti a una farmacia, in un paese a nord di Firenze. L’autopsia ha accertato che i polmoni della piccola avevano respirato, nel suo venire al mondo dopo nove mesi di gravidanza. E quindi presumibilmente era viva, la bambina senza nome, anche quando è stata lasciata davanti alla farmacia di Campi Bisenzio. Cosa del resto intuibile dal fatto che la cerniera del borsone era semiaperta, come volendo lasciare alla neonata un po’ di ossigeno; e che lei era avvolta in una coperta e in un golfino, a cercare di proteggerla dal freddo di una notte autunnale. Insieme al gesto tragico dell’abbandono, dunque, i segni di una premura che non si conciliano con la brutalità di chi si disfa di un figlio buttandolo in un cassonetto, come pure accade: quando quel depositare un bambino fra i rifiuti impietrisce chi lo trova, e chi ne legge, come se quel gesto fosse una bestemmia.

La piccola trovata davanti alla farmacia toscana è stata abbandonata al freddo, e ne è morta, e il lutto per quel suo corpo delicato ed esanime è irreparabile. Ma diverse mani, e altri pensieri sembrano avere accompagnato la madre che se ne è separata. Il borsone piazzato, probabilmente prima che venisse giorno, tra un muro e un contenitore per i farmaci da buttare, almeno un po’ al riparo dall’umidità di novembre. La lampo semiaperta, la coperta avvolta attorno alla bambina. E, tra tanti luoghi possibili, la scelta di una farmacia, che esibisce sopra le vetrine una croce. Una croce, come un ospedale, o un’ambulanza: un segno che rimanda a una carità, a una possibile solidarietà.

Non voleva buttare via suo figlio, ma avanzava una disperata, impotente richiesta di aiuto chi ha depositato quella borsa. Perché è in un’estrema solitudine, o miseria, che una simile storia può accadere. Solitudine, se nessuno, accanto, si accorge di una maternità ormai vistosa, per quanto infagottata in vesti larghe, o mascherata da un fisico già abbondante. Una solitudine tale da fare partorire magari in bagno, soffocando le grida, e ripulendo il sangue del parto come una vergogna. Oppure è in una miseria umana che queste cose sono possibili: accadono alla figlia alla deriva di famiglie sfasciate ed emarginate, o alla giovane prostituta importata da Paesi lontani come una merce, e sfruttata come 'roba', lei e il suo figlio concepito con chissà chi. O ancora, la neonata sconosciuta era il frutto di uno stupro, di una violenza tale che sua madre non riusciva a abbracciarla?

C’è comunque una disgregazione umana dietro a un figlio abbandonato per strada – soprattutto in un Paese in cui la legge ti consente di partorire anonimamente, e di lasciare il bambino in adozione. C’è una emarginazione tale da ignorare anche questa possibilità, o da temere come un nemico ogni istituzione, perfino un ospedale, da parte di chi si sente troppo clandestina per credere a un po’ di umanità. E tuttavia, quella bambina non è stata lasciata tra i rifiuti. Mani disperate, forse giovanissime, l’hanno vestita, e stretta in una coperta. Hanno aperto un poco la cerniera, e scelto per depositare il fagotto una croce verde, luminosa nella notte. Come domandando un miracolo. Poi, andandosene, magari la sconosciuta si è voltata indietro - spinta da qualcosa di più forte di lei.

Il miracolo, non c’è stato. Forse la borsa era così malconcia, che chi l’ha vista ha pensato agli stracci di un clochard. Perfino un cane, annusando, guaendo, avrebbe potuto salvare la piccola. Ma non è accaduto. Era fredda ormai, la bambina senza nome, quando l’hanno trovata. Fra i carabinieri, fra le gente attorno, ci immaginiamo il calare del gelo allora, come davanti a un ordine naturale delle cose violato.

La cercano, ora, quella madre, è indagata per infanticidio. Eppure noi speriamo che la trovino anche perché, finalmente, qualcuno se ne prenda cura, e la sottragga a quella sorta di caverna di disumanità annichilita in cui sembra essere vissuta. Perché possa vivere ancora, dopo un gesto che nel ricordo potrebbe disperarla per sempre. La memoria dei passi veloci nel buio, come di ladra; la borsa, così leggera, lasciata per terra al freddo, come una cosa da niente. E tuttavia quella cerniera aperta, e la coperta premurosamente avvolta. La straziante, assurda speranza di una donna, o di una ragazzina, cui nessuno ha insegnato a sperare.

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