L'aspro vuoto del non-credo
mercoledì 15 dicembre 2021

Leggi di questi no-vax irriducibili che, pure ricoverati in gravi condizioni, strappano le mascherine a medici e infermieri, o rifiutano il ricovero. Di gente che con 38 di febbre e i sintomi del Covid va in un supermercato, e poi se ne vanta su Facebook. Per dimostrare cosa? Che il virus non esiste? Che i morti negli ospedali sono finti?

Se cerchi di capire le ragioni no-vax sul web, vieni travolto da ponderosi studi di guru americani che fatichi a leggere, tanto elevata è la barriera di un’arrabbiata ideologia. Amici intelligenti, colti, che hanno aderito a 'quel' partito, ti sono di colpo distanti. Una psicosi collettiva, è stato detto. Ma quando un no-vax che non respira arriva a rifiutare le cure, sembra che ci sia dell’altro. Se sei grave e rifiuti le cure, vai a morire. Una determinazione talmente assoluta da far pensare che il pensiero no-vax sia in realtà un credo.

Solo per qualcosa cui ti affidi totalmente, rischi di morire. L’idea novax è dunque un credo?

Piuttosto, un non-credo. Non credo nel governo, non credo ai medici, non credo nelle statistiche di malati e morti. Non credo nei giornali, tutti venduti, né alla televisione. Non credo nemmeno ai miei parenti e amici che cercano di convincermi. Non credo insomma a nessuno, e soprattutto alla medicina ufficiale. Questo non-credo, declinato per mesi da minoranze virulente, da un lato meraviglia, perché sembra la prima rivolta di piazza contro la Scienza, dal positivismo in poi. Dall’altro inquieta, perché una sfiducia nel prossimo eretta a sistema non porta da nessuna parte.

Tutta la nostra vita è un continuo fidarci: ci fidiamo di chi ha costruito la nostra casa, dei maestri dei figli, dei conduttori dei treni, dei produttori di alimentari. Beviamo l’acqua dal rubinetto perché ci fidiamo del prossimo, crediamo che non voglia avvelenarci. Gli esseri umani stanno insieme nel nome della reciproca fiducia. E invece di colpo queste vistose barricate, e alcuni ultras pronti persino a morire per il loro non-credo. Come è potuto succedere? Una prima radice stava forse nella difficoltà del rapporto medico-paziente, ben anteriore alla pandemia. Medici frettolosi, o percepiti come tali, talmente specializzati da guardare solo l’organo di loro competenza, come se il paziente non fosse uno solo. Medici, insomma, sentiti come ormai incapaci di guardare il malato come un uomo.

C’era così, già prima del Covid, non poca insofferenza di pazienti che si rivolgevano a ogni tipo di cura alternativa, valida o no. Forse il primo humus dell’idea no-vax sta in un precedente deteriorato rapporto con i medici, che solo dopo il Covid sono stati di nuovo chiamati eroi: quel dubbio per cui cominci a cercare sul web e trovi di tutto, promesse, terapie improbabili, santoni. Infine incappi in un guru magari sconosciuto, ma perfettamente convincente. Lui sì che sa tutto sul Covid: curatevi a casa con l’aspirina, spiega, eccetera. E tanto più quel sito è remoto e nascosto, tanto più ci si convince di aver trovato finalmente chi dice il vero. A 'esperti' di ogni tipo si crede in maniera cieca, oltre ogni evidenza.

Il web ha generato un impazzimento del sapere, che non ha più gerarchie e né garanzie? Basterebbe, forse, avere un medico di famiglia di cui ti fidi, perché ti ha sempre curato bene. Se quel medico ti spiega le ragioni del vaccino, a lui credi. Credi alla sua faccia, alla vostra amicizia. A un uomo. La pandemia del non credo, gran fragore di voci lontane e incontrollate, denuncia un problema fra gli uomini del XXI secolo: hanno ogni sapere a disposizione, ma non sanno distinguerli. Sospettano nemici ovunque. Vorrebbero, ma non lo sanno, la faccia di un uomo, di cui fidarsi.

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