sabato 29 giugno 2013
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La vita è come il calcio, è fatta anche di secondi tempi. Così chi ancora ama questo grande circo ricco di scandali, ma anche di tante storie umane oltre che di cuoio, ricorderà Stefano Borgonovo ventenne, bomber felice vestito d’azzurro al fianco del suo gemello del gol Roberto Baggio (primo tempo). Poi, quasi un decennio di strenua resistenza alla malattia, costretto, lui che era attaccante, a ergersi a difensore estremo per la sopravvivenza (secondo tempo). Una sfida impari quella di Stefano e degli oltre 5mila malati in Italia (circa 500mila nel mondo) contro la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Un avversario misterioso la Sla o Morbo di Gehrig, per cui non è ancora stata trovata una cura. Un male inesorabile, che lentamente mangia da dentro il corpo dei malati, ne paralizza i muscoli, toglie loro il fiato e spesso la parola. Ma quasi tutti i membri di quella “squadra stoica” – capitanata fino a ieri da Borgonovo – che abbiamo avuto l’onore di conoscere e di sostenere, non hanno mai perso la fede in Dio e la speranza in una possibile guarigione. Tanti, troppi di loro, sono stati calciatori. Non ne abbiamo la certezza, ma non è stato neppure mai smentito che questo sia anche il “Morbo del pallone”. L’americano Lou Gehrig da cui prende il nome il morbo, era un atleta, un campione di baseball. E questa potrebbe essere solo una casualità. Ma la medicina che si nutre di dati statistici e epidemiologici ci dice che i casi di Sla sono al massimo due in una città di 100mila abitanti, mentre nella popolazione calcistica italiana, l’incidenza è 7-8 volte superiore alla media. Finora si contano 55 morti su di 24mila tesserati, censiti dal 1971 al 2002. Solo nel Como, la squadra nella quale Borgonovo si lanciò, si sono avuti cinque casi di Sla. Sei sono invece i nostri piccoli eroi dimenticati, vittime anche loro di quella che Borgonovo chiamava la “stronza”, la Sla. Sono Piegiorgio Corno, Luca Pulino, Maurizio Vasino, Stefano Turchi, Agatino Russo, Sergio Isabella. Non andate a cercarli sull’album Panini, non li troverete, semplicemente perché le loro figurine non ci sono. Di loro pochi sanno o hanno visto i “primi tempi”, in cui sono stati protagonisti in campo, pur non calcandone mai uno di Serie A, come Borgonovo, i “capitani coraggiosi” uccisi dal Morbo: Gianluca Signorini, Adriano Lombardi o Armando Segato (prima vittima della Sla nel calcio italiano, nel 1973). I “secondi tempi” dei nostri sei piccoli eroi esemplari li conoscono soltanto gli amici fraterni e le famiglie che non li hanno mai abbandonati. La Fondazione Stefano Borgonovo è stata e resterà fondamentale nel dare visibilità ai malati e per reperire i fondi necessari alla ricerca scientifica, ma altrettanto stanno facendo questi ragazzi (tranne Corno sono tutti quarantenni) meno noti che da un letto di casa o d’ospedale chiedono attenzione e reclamano il loro sacrosanto diritto a esistere, prima che a resistere. Per questo, hanno creato realtà solidali che spesso il grande il calcio ignora, come il presidente della Fifa Blatter, quando non concede prontamente il minuto di silenzio per Borgonovo prima di Spagna-Italia.A Bologna ci sono “Gli amici di Sergio Isabella” e a Capranica (Viterbo) quel guerriero indomito di Luca Pulino ha organizzato un giornale cartaceo e online, «Le porte della speranza​», che vuole essere qualcosa di più di uno slogan da testata. La loro speranza è la stessa che aveva Borgonovo: «Riuscire un giorno ad alzarmi e tornare a camminare, solo per vedere nella stanza accanto se le mie figlie dormono». Speriamo che la scienza acceleri e che il sogno dei malati si realizzi al più presto. Nel frattempo, in silenzio, ma con gli occhi vivi e spalancati sul mondo, questi piccoli eroi esemplari, chiedono a tutti noi quello che Lauro Minghelli (talento del Torino, morto di Sla a 31 anni, nel 2004) fece scrivere sulla parete della sua cameretta: «Non camminare davanti a me, io non posso seguirti. Non camminare dietro di me, io non posso guidarti. Cammina di fianco a me, e sii mio amico».​
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