mercoledì 21 aprile 2021
L’effetto della pandemia sul settore del «gambling»
La vera crisi non è dell'azzardo ma di chi ancora scommette
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L’allarme per la crisi dell’economia del gioco d’azzardo ha ripreso a squillare: con l’acuto delle sirene, ma senza l’accompagnamento di dati e concetti consonanti. Vediamoli, con precisione. Dalla metà di marzo del 2020 in poi (salvo l’improvvida riapertura tra luglio e settembre) le restrizioni anti Covid hanno riportato il livello del consumo di scommesse, lotterie, slot machine, Vlt e casinò online a quello del 2011: poco meno di 80 miliardi. Che già allora era comunque iperbolico, con gravi conseguenze sulla salute, sulle relazioni sociali. E con perdite secche per le famiglie, per il mercato dei beni e dei servizi essenziali e – incredibile a dirsi – per lo stesso fisco. E il saldo per lo Stato?

Sempre nel 2019 l’erario aveva incamerato 11,8 miliardi dai giochi 'fisici' e 350 milioni da quelli online. Lo scorso anno, il 2020 intero, 'solo' 6 miliardi e 464 milioni (dei quali meno di un decimo dal web). La differenza sull’esercizio precedente (-5,2 miliardi) rappresenta una frazione del totale generale delle mancate imposte indirette, che nel 2020 si è aggirato sui 26. Il crollo della spesa riguarda infatti quasi tutti i consumi delle famiglie. Ed è qui che l’azzardo aggiunge un fattore depressivo per l’economia e, di conseguenza, una falla nelle entrate dello Stato. Da un lato, sottrae quote importanti del loro reddito ai cittadini che altrimenti lo destinerebbero a prodotti delle manifatture, al turismo, agli spettacoli, alle cene in trattoria eccetera. Dall’altro, l’azzardo erode la remunerazione per lo Stato in proporzione pari ai mancati consumi privati, sui quali invece si applicano aliquote decisamente più alte (in media di 20 punti) di quel 'misero' 8% di prelievo sui giochi.


Con le restrizioni anti Covid il livello delle «puntate» è sceso a 80 miliardi, come nel 2011. La perdita maggiore riguarda l’economia e i consumi delle famiglie

Gli italiani, nell’anno della pandemia, hanno comunque perso 12 miliardi e 700 milioni di euro nel complesso dei giochi. Una cifra impressionante, di per sé. Ma che è minore di 34,5 punti percentuali di quella che lasciarono alla megamacchina dell’azzardo nel 2019 e che, vale la pena di ricordare, risultò di 19 miliardi e 400 milioni. Più dei saldi contabili, hanno però rilievo i bilanci sociali e quelli che attengono alla questione della legalità. Otto mesi senza slot machine, Vlt, Bingo e scommesse hanno tolto al core business dei concessionari la clientela fondamentale: i giocatori abitudinari (oltre 5 milioni di persone, secondo l’Istituto superiore di Sanità) e i patologici (un milione e mezzo di uomini e di donne). Da questo 'sottoinsieme', infatti, era derivato l’80% del consumo di gambling nel 2019: in pratica 88 miliardi di euro sui 110 e mezzo di quell’anno. Detto brutalmente: il profitto dell’azzardo deriva in modo inconfutabile da quanto perdono i giocatori patologici. cco perché l’accostamento econo-Emia- azzardo è un ossimoro: l’homo oeconomicus crea valore aggiunto nelle fabbriche, nelle campagne, nei servizi: mentre con scommesse, slot machine, lotterie eccetera egli distrugge valore (sempre economico) associando un pesante fattore depressivo alle produzioni nazionali industriali, artigianali, agricole e commerciali, oggi così flagellate dai lockdown. Ma nella lamentatio per il fermo alle sale da gioco d’azzardo si afferma che le restrizioni hanno fatto migrare i giocatori nelle bische clandestine. La necessità di verificarlo era stata indicata dall’allora capo della Polizia, Franco Gabrielli. Il sospetto, tuttavia, senza successivi elementi a suffragio, appare generico. E permane tuttora indeterminato, nonostante alcuni indubbi successi nelle operazioni investigative, nel 2020: passate dalle 22 del 2019 alle 26 nei dodici mesi successivi, e con maggiore ampiezza (cioè con 144 arresti in più) poiché hanno intercettato denaro giocato in 'nero' ben otto volte maggiore. Più interventi repressivi, maggiore visibilità del sommerso delinquenziale, spesso all’ombra di concessioni governative formalmente assegnate.


Le limitazioni agli spostamenti hanno fatto diminuire i reati predatori commessi vicino alle sale slot, dagli scippi alle rapine

L impegno massiccio delle forze di polizia sul territorio italiano nei mesi del 2020 per fronteggiare il Covid ha inciso anche contro l’azzardo illegale. Il rigido divieto di spostamenti immotiva- ti delle persone, dopo le ore 22, le restrizioni di attività ai pubblici esercizi che ospitano (come vendita complementare) le slot machine, i corner per le scommesse e altri strumenti analoghi, le chiusure imposte alle sale per scommesse e a locali dedicati (centri Vlt, Bingo ecc.) hanno infine fatto cessare uno degli effetti collaterali più volte riscontrati: il prestito a usura in prossimità dei punti di gioco, le rapine e gli altri reati di strada che si concentrano proprio laddove si raccoglie, si sposta e si eroga denaro contante in cospicue quantità.


Le sale hanno sofferto soprattutto per la mancata affluenza dei giocatori patologici, le cui «perdite» valgono l’80% dei profitti del settore. Il calo delle dipendenze può essere un’opportunità

Nell’anno 2020, dalle prime elaborazioni ministeriali dei dati d’insieme, risulta dimezzata la frequenza dei furti, in particolare nella forma di scippi e borseggi. Le rapine 'di strada' si sono ridotte di un terzo, con flessioni pari a oltre il 50% per quelle in banca o negli uffici postali. Dal database interforze (Sdi) le fenomenologie delittuose comuni appaiono in definitiva aver subìto una flessione in media del 25,9%. Insomma, gli spostamenti di persone limitati dall’emergenza sanitaria hanno fatto contrarre nettamente i reati predatori, tra i quali quelli consumati in prossimità delle istallazioni di gioco d’azzardo. S e da un lato non vi sono dati e informazioni fondate circa un 'travaso' dal gioco autorizzato a quello praticato in clandestinità (bische, locali con slot machine diverse da quelle omologate ecc.) dall’altro lato e non di meno il rischio criminalità nel gambling è strutturale, sia con la pandemia e sia prima del lockdown: le varie mafie sono risultate decine di volte presenti nella gestione di una rete di punti di contatto (per la raccolta delle scommesse, per le sale bingo, per i locali dedicati alle slot machine). E allora, perché non intervenire adesso, cogliendo l’occasione del calo delle dipendenze patologiche e della restrizione all’agibilità delle mafie sul territorio, per quindi concepire una strategia di riduzione sia della domanda di gioco d’azzardo e sia delle opportunità lasciate alla criminalità organizzata?


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