La veglia sul mondo
sabato 2 settembre 2017

Manifesto ecologico o modo cristiano di affrontare l’impasse ecologica contemporanea? Il consigliere teologico del patriarca ecumenico di Costantinopoli sulle questioni ambientali, John Chryssavgis, commentando a caldo il messaggio congiunto per la salvaguardia dell’ambiente firmato da Bartolomeo e papa Francesco – i due leader delle Chiese sorelle – ha voluto sottolineare come il punto importante di questa comune supplica risieda nel suo unico intento, quello «di cambiare il nostro modo di percepire il mondo per cambiare il nostro modo di affrontare il mondo». L’appello è rivolto a quanti occupano posizioni di rilievo in ambito sociale, economico, politico e culturale «a prestare responsabilmente ascolto al grido della terra e ad attendere ai bisogni di chi è marginalizzato» e «soprattutto a rispondere alla supplica di tanti e a sostenere il consenso globale perché venga risanato il creato ferito», che è ferito perché non è più rispettato come un «dono condiviso»: al contrario, lo si considera «un possesso privato» che porta a spadroneggiare sulla natura «per alimentare i nostri profitti». La crisi con cui il nostro mondo deve misurarsi non si riduce pertanto solo a una grave crisi ambientale. È innanzitutto una crisi spirituale, in quanto investe proprio il nostro modo di considerare o di immaginare il mondo.


Papa Francesco e il patriarca ecumenico Bartolomeo invitano a riconoscere che le vicende del mondo si intrecciano col mistero della creazione e col mistero della natura umana, ferita dal peccato originale. Separandosi da Dio, l’umanità si allontana anche dal suo prossimo e dal suo ambiente, e di fatto l’individualismo e l’utilitarismo portano ad abusare della creazione sacra conducendo alla crisi. «Avendo perduto di vista la relazione che esiste tra il Creatore e la sua creazione, l’umanità ha cessato di essere il sacerdote e l’economo del creato e si è trasformata in un tiranno che abusa della natura», affermava già alcuni anni fa all’Institut catholique di Parigi il patriarca Bartolomeo in una conferenza su religione e ambiente. Così l’uomo tratta il pianeta in modo inumano ed empio proprio perché non lo considera più un dono ricevuto dall’alto, un dono ricevuto da Dio. Per questo di fatto la questione dell’ambiente è indissociabile dalla questione religiosa. E non sorprende che il Successore di Pietro e il Successore dell’apostolo Andrea professino con una sola voce la sacralità della creazione di Dio e proclamino la necessità di rispettare e proteggere le risorse a beneficio di tutti. Di conseguenza appare limitata anche una lettura del loro appello come strumento di polemiche politiche. «Come già da tempo avviene nella Chiesa ortodossa, come cristiani vogliamo offrire il nostro contributo al superamento della crisi ecologica che l’umanità sta vivendo», scriveva Francesco istituendo due anni fa la Giornata per la cura del creato, e affermava: «La crisi ecologica ci chiama a una profonda conversione spirituale».


Bartolomeo I, nell’avvertire come la crisi ecologica del nostro tempo costituisce una crisi umana e una grave minaccia per la creazione di Dio, oltre ad avviare nel corso degli ultimi vent’anni una serie di simposi internazionali tra leader religiosi e scienziati per esaminare le modalità di cooperazione per una soluzione degli specifici problemi ambientali, ha organizzato anche numerosi seminari presso il Monastero di Halki per promuovere la coscienza ecologica e la sensibilità tra il clero ortodosso, in modo che l’ecologia umana e ambientale possa diventare parte della formazione religiosa e pastorale. L’affronto del tema nasce da fonti fondamentali della tradizione ortodossa di un approccio biblico, teologico, ascetico e spirituale che mostra il distacco dall’abuso colpevole, dai peccati contro la creazione, dal dominio umano sul creato, e riscopre il ruolo dell’uomo nell’economia della creazione, leggendo il creato come offerta e rendimento di grazie, come condivisione, come Eucaristia. Una coscienza che anche nell’ambito della formazione cattolica urge risvegliare.

Non a caso le riflessioni del teologo ortodosso Ioannis Zizioulas su questo punto, insieme ai richiami di Bartolomeo I per un cambiamento dell’uomo dall’egoismo alla condivisione, hanno trovato ampia eco nei paragrafi iniziali e nel capitolo dedicato all’educazione e alla spiritualità ecologica della Laudato si’. L’apporto della Chiesa ortodossa nella riflessione condivisa sulla cura della casa comune ha segnato così il rapporto tra le Chiese sorelle. Ma l’enciclica ha raccolto in questo senso anche l’intento che aveva già trovato espressione con Giovanni Paolo II. Se questa è la prima volta che Francesco e Bartolomeo rilasciano congiuntamente una dichiarazione esclusiva sull’ambiente, infatti, già nel 2002 il patriarca e Giovanni Paolo II avevano firmato insieme la «Dichiarazione di Venezia», documento comune in cui i leader ortodosso e cattolico avevano dichiarato la loro preoccupazione per la tutela del nostro pianeta. Una magna charta che è stata anche una dichiarazione di speranza per collaborare uniti nell’essere «servitori di Dio vegliando con saggezza sulla creazione».

Un paragrafo del testo, con un contenuto analogo, era stato poi incluso nella Dichiarazione comune di papa Francesco e del patriarca Bartolomeo firmata a Gerusalemme nel maggio 2014. Dopo la Laudato si’, in un’enciclica per la prima volta ecumenica, la comune fraterna responsabilità si ribadisce così oggi con un messaggio congiunto. Perché tutti i cristiani imparino che essere servitori di Dio significa anche «vegliare con saggezza sulla creazione», abbiano la coscienza che il modo con cui trattiamo la terra si riflette nel modo in cui preghiamo Dio creatore. E comprendano finalmente che camminare su questo pianeta e inginocchiarsi in chiesa sono la stessa cosa.

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