Le tensioni sulla mensa scolastica nelle scuole di Corsico sembrano poter rientrare in un quadro di ordinarietà. Il sindaco del Comune alla periferia milanese che ha attirato l’attenzione dei media per aver proibito di servire i pasti ai figli di famiglie non in regola con il pagamento della retta, è riuscito a ridurre drasticamente il tasso di morosità. Raggiunto l’obiettivo, e stanati molti furbetti, ha promesso la dovuta attenzione alle famiglie in reale e verificabile stato di bisogno. Per alcuni è una vittoria politica, per altri il coinvolgimento dei bambini avrebbe consigliato più prudenza e una dose maggiore di sensibilità. Al di là del caso specifico, forse è però necessario ragionare su un altro aspetto: quello dei costi delle mense scolastiche in Italia. Negli ultimi anni, complice anche la crisi, la morosità è diventata un problema in tanti Comuni e le tensioni dovute al caro-tariffe sono aumentate un po’ ovunque. Il caso di Corsico è emblematico e utile da analizzare, in quanto presenta caratteristiche simili a quelle di tanti altri centri minori delle aree metropolitane: la tariffa della mensa per i redditi Isee sopra i 16.501 euro annui, cioè per più della metà delle famiglie, è di 6 euro a pasto. Su 200 giorni di scuola sono 1.200 euro l’anno a bambino, mentre per i fratelli lo sconto è del 10%. A titolo di confronto, a Milano il massimo che pagano le famiglie è 680 euro l’anno, cioè 3,4 euro al giorno, con sconti del 50% per ogni fratello. I confronti tra strutture tariffarie diverse non sono semplici, ma nel capoluogo lombardo non solo i più poveri hanno il pasto gratis, contro i 2 euro chiesti nel Comune dell’hinterland, ma chi si trova nella fascia di reddito sopra citata paga la metà, cioè circa 600 euro in meno in un anno. Non è uno scherzo, è peggio di una tassa (subìta e non dichiarata). Ogni amministrazione è libera di definire la propria politica sociale, ma costi dei servizi così diversi in un’area omogenea rischiano di rendere incomprensibili, anacronistici e fonte di iniquità i confini amministrativi, specialmente in un Paese dove la mobilità è difficile e costosa. Varrebbe la pena sottolineare che la Costituzione prevede la gratuità dell’istruzione nella scuola dell’obbligo, o che la soluzione ipotizzata del pasto portato da casa, la
schiscetta in milanese, genera problemi di tipo sanitario e dietetico a carico dei bambini. Ma il punto vero è che per servizi i cui costi ricadono sulle famiglie, i Comuni con bilanci meno solidi, soprattutto nella più povera periferia, dovrebbero poter guardare oltre i propri confini, pensare a unire le forze e ricercare economie di scala capaci di far calare i costi e migliorare i servizi. È un tema che chiama in causa la natura e il senso dell’Area metropolitana. Ma è soprattutto una questione concreta di equità e di politica famigliare.