Da cristiani le risorse anti-sfiducia
sabato 6 marzo 2021

Ci risiamo. Probabilmente tutti l’abbiamo pensato seguendo la nuova risalita dei dati su contagi, ricoveri e decessi. Quante volte è già successo? Due? Tre? E quante altre succederà? E se non è bastato tutto quello che abbiamo messo in campo, cosa servirà, ancora? Sembra essersi steso sul Paese una specie di costernato scoramento: eccoci di nuovo in 'arancione' (più o meno scuro) o in 'rosso', oppure destinati a diventarlo la settimana prossima...

Il pendolo del virus sta logorando i nervi degli italiani, che, malgrado l’impegno collettivo di un giro intero di calendario (fatta salva qualche 'distrazione' e le solite eccezioni irriflessive e irresponsabili), ce l’hanno messa tutta per sconfiggere un 'nemico' che da microscopico quale sembrava sta diventando un mostro che incombe sul nostro domani, e che se si eclissa è solo per una ritirata strategica, per poi attaccare meglio a suon di 'varianti'.

Ne usciremo mai? In mezzo alla generale capacità di adattamento e resistenza, è più che comprensibile sentire il morso di un certo smarrimento quando arriva il bollettino quotidiano dei morti, l’inascoltabile ripetersi di una strage senza fine: e ci sentiamo risospinti sul divano, ad attendere sempre tempi migliori. Un orizzonte stabilmente corto induce alla rassegnazione, i progetti di vita assumono l’impalpabilità dei sogni, i giovani si fanno passivi, ancor più piegati sul consumo dell’istante. Ricordate gli applausi sui balconi, gli inni a squarciagola, i lenzuoli esposti perché 'andrà tutto bene'? È passato un anno, e pare l’illusione un po’ patetica di un secolo fa. Certo, attendiamo sempre la svolta.

I vaccini, i nuovi farmaci, altre misure di contenimento, tutto servirà, e verrà il giorno in cui la bestia sarà domata. Ma cosa ci occorre, adesso, per vedere presto quel mattino? Questa domanda – diciamolo – nella coscienza di un credente dovrebbe risuonare con eccezionale urgenza. L’affanno di tutti, che è ovviamente anche il nostro, dovrebbe farci avvertire una speciale responsabilità, come il bisogno di farsi carico dell’angoscia collettiva. E questo occorre sentirlo e farlo proprio adesso, quando le gomme del Paese sembrano pericolosamente sgonfie, e la fiducia condivisa che ci ha portati sin qui viene meno come il carburante in un serbatoio entrato in riserva.

Se la guarigione dal virus dipende dalla combinazione di tutti i provvedimenti che vengono assunti dalle istituzioni, e dal loro ordinato rispetto da parte dei cittadini, quel che manca per farcela davvero probabilmente dipende da me, da noi. Chi ancora avverte una necessità esistenziale dettata dalla condizione di cristiano (una vocazione nativa, non un’etichetta anagrafica) deve pescare nella bisaccia riempita da ciò che la Chiesa gli ha affidato dal battesimo in qua. Apriamola: ci troveremo il vaccino per il tempo della sfiducia.

Che non è un prontuario di parole buone, ma un tessuto di umanissime virtù cristiane dotate di una decisiva portata sociale. Nel ricorso pratico alle virtù ci possiamo attrezzare a reggere la consunzione inevitabile nei tempi lunghi di un’emergenza che tende a diventare condizione abituale di vita ma che non deve assolutamente farlo per non trasformarsi in resa. Reagire richiede anzitutto la fede: sapere che siamo limitati (l’abbiamo appreso con ruvida evidenza) ci porta a chiedere che il tempo della prova sia più breve, attendendone la fine come un dono e non come l’esito delle sole nostre opere.

Ci è poi indispensabile la speranza, da coltivare come una pianta delicata e tenace, sulla quale arrampicarci ogni giorno sapendo che è da lì che scorgeremo l’alba. Indispensabile è anche la carità, il prodigarsi per chi si scorge nel bisogno, e attorno a noi è una schiera senza fine ma non senza volto.

Per allargare ancora l’orizzonte coperto dalle virtù teologali, può essere utile un ripasso del laicissimo significato di quelle cardinali: la necessità di una fortezza paziente e serena, il senso della giustiziacome uno sguardo buono dalla mia famiglia all’umanità, la pratica consapevole della prudenza, la sobrietà sorridente insegnata dalla temperanza. Può bastare? Il Vangelo non è un esercizio di perfezione allo specchio ma una porta aperta sugli altri. Abbiamo una Quaresima per provarci. Forse là fuori c’è una società sfinita che, oltre ai vaccini, attende chi crede sul serio. E se la carica in spalla.

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