venerdì 24 febbraio 2012
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​Lo rivela il Daily Telegraph, riportando nomi e circostanze: in Gran Bretagna esistono medici disposti a fare carte false, letteralmente, per permettere alle loro clienti di abortire se scontente del sesso del nascituro. Clienti, non pazienti, perché il tutto avviene dietro lauto compenso, e perché in questi casi ci vuole fegato a distinguere il camice bianco di un medico dal grembiule di un macellaio. Non è una novità, si dirà: le riviste scientifiche del pianeta denunciano da decenni il feticidio femminile praticato in molti Paesi – tutti quelli in cui nascere donna è considerato più grave di una malattia – e tra India e Cina l’Onu calcola che manchino all’appello della vita oltre cento milioni di donne, recise all’origine proprio in quanto donne. Ma è una novità che questo avvenga nella civilissima Europa e nella ancor più civile Gran Bretagna, per di più per mano di medici del servizio sanitario nazionale. Da non crederci, se non fosse per quelle testimonianze filmate da reporter in incognito, che nel trenta per cento dei casi hanno trovato ginecologi compiacenti. Di «accuse inquietanti» ha parlato il ministro inglese della Sanità, Andrew Lansley, ricordando che nel suo Paese «la selezione del sesso del nascituro è illegale» e aprendo un’inchiesta. A inquietare noi, intanto, è che la deriva nordeuropea non segua il percorso di altre precedenti e non contagi con un processo di "assuefazione" il nostro vivere civile, basato sul principio costituzionale secondo il quale i diritti fondamentali prescindono dal sesso. È già successo in un passato recentissimo che pratiche considerate disumane dalla nostra cultura si siano gradualmente insinuate, fino ad essere da alcuni ritenute un "diritto": basti pensare ai kit per un’eutanasia fai da te, sbandierata come conquista sociale dai nostri radicali, o all’incredulità suscitata nel nostro Paese dall’uccisione di Terry Schiavo nel 2005, quando nessuno avrebbe lontanamente immaginato che quattro anni dopo la stessa cosa sarebbe successa in Italia. Se dunque ci sentiamo al sicuro rispetto a quanto sta avvenendo in Gran Bretagna, se ci riteniamo immuni dal feticidio selettivo, ricordiamo che il processo di "normalizzazione" rende accettabile l’inaccettabile e, come dice Chesterton, arriva il giorno in cui dobbiamo «sguainare le spade» anche per affermare che l’erba è verde, cioè combattere per ciò che prima era ovvio. Dall’università di Oxford, d’altra parte, il filosofo Julian Savulescu sostiene già che la selezione dell’embrione in base al sesso è un diritto, e nella "progressista" Svezia la Commissione nazionale del Welfare, di fronte al dilemma se permettere a una madre di abortire poiché altrimenti avrebbe generato per la terza volta una bambina anziché il sospirato maschio, ha dato il via libera, in quanto nel diritto svedese l’aborto fino alla diciottesima settimana è sempre lecito... Per legge, dunque, la pretesa della signora era inattaccabile, ma la direzione sanitaria dell’ospedale trovava imbarazzante il contrasto tra un diritto inalienabile, quello di una donna di abortire, e un altro diritto ancor più inalienabile, quello di un’altra donna – sua figlia – di poter vivere "nonostante" sia femmina. E la legge del più forte ha prevalso. Ma da noi potrebbe succedere? No, se lo chiamiamo "aborto selettivo", ma spesso basta ingentilire il nome alle cose per legittimarle. «La signora chiede di intervenire per ragioni sociali», spiega nell’intervista al Daily Telegraph la "consulente" che ha messo in contatto la donna incinta della bimba e il medico compiacente. Ragioni sociali, dunque... Assomigliano molto alle maglie lasciate larghissime dalla legge 194, che in Italia permette l’aborto entro i primi tre mesi come diritto insindacabile (non occorre nemmeno accampare tante scuse), ma che dopo i tre mesi lo concede solo se questo bimbo costituisce grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. E cosa c’è di più destabilizzante di una figlia femmina se si agognava il maschio, o di un maschio se si aspettava la femmina? Ipotesi abominevole ma non impossibile (ricordiamo quel medico calabrese che ha riconosciuto nel labbro leporino del feto il grave pericolo per la salute psichica della madre...). Noi italiani, che abbiamo il difetto (o il privilegio?) di arrivare sempre dopo, facciamo tesoro delle follie altrui e continuiamo a proclamare il verde dell’erba. Senza paura di non essere progressisti.
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