mercoledì 21 maggio 2014
COMMENTA E CONDIVIDI

​«Chiediamoci, dunque: chi è per me Gesù Cristo? Come ha segnato la verità della mia storia?». Se c’è un punto focale del discorso del Papa ai vescovi italiani, è questo: il riproporre la domanda prima, l’aut aut che interroga ogni cristiano nel chiedersi chi davvero è per noi, quell’uomo. Nel chiedersi se per noi la verità è Lui o se prevale la verità secondo il mondo.Suvvia, potrebbe obiettare qualcuno, dei vescovi avranno ben chiara in sé e per sempre la risposta alla domanda del Papa... Dei vescovi non sono ragazzi alla Prima Comunione. E allora perché Francesco ha posto questa domanda al primo punto del primo discorso di un Vescovo di Roma in apertura di un’Assemblea generale della Cei? Forse perché quella non è una domanda, ma "la" domanda che sfida dalla giovinezza alla morte ogni cristiano. Il mondo, attorno, è così forte e concreto, e governato da tutt’ altre logiche; ma noi affermiamo di credere a uno che disse di sé: io sono la via, la verità e la vita. La drammaticità e la smisurata gioia della fede sta nella risposta che anche implicitamente diamo, ogni mattina, a questa domanda. Noi, semplici credenti, e anche i vescovi, che sono uomini come noi.Così che il Papa, e con un accento di affetto paterno, prima di tutto ai pastori della Chiesa italiana ha detto: «Teniamo fisso lo sguardo su di Lui, centro del tempo e della storia; facciamo spazio alla sua presenza in noi: è Lui il principio e il fondamento che avvolge di misericordia le nostre debolezze e tutto trasfigura e rinnova; è Lui ciò che di più prezioso siamo chiamati a offrire alla nostra gente».Ciò che di più prezioso. Il vero tesoro. Perché, ha aggiunto il Papa, «i piani pastorali servono, ma la nostra fiducia è riposta altrove: nello Spirito del Signore».Lo sguardo fisso in Cristo, e il resto come conseguenza di quello sguardo. Una fedeltà che, nell’oggi, si declina per Francesco nella attenzione alle più vistose emergenze: la famiglia, la disoccupazione e la povertà, e i volti dei migranti che bussano rischiando la vita alle porte d’Italia e d’Europa. (Passaggio epocale, pressione inesorabile della storia che si incarnava, ieri, in quei cento bambini alla deriva nel Mediterraneo).E la Chiesa italiana, ha riflettuto ieri il presidente della Cei, cardinale Bagnasco, dalle parole del Papa si è sentita «presa per mano». Messa in guardia da quella sorta di smemoratezza che noi cristiani sfidiamo ogni giorno, in quell’aut aut che chiede: ma la verità, dunque, qual è? E, se si tentenna su questo punto, cominciano fra noi, ha detto Francesco «le mezze verità che diventano bugie, la litania delle lamentele che tradisce intime delusioni, la durezza di chi giudica senza coinvolgersi...». Cose di uomini, cose che tutti conosciamo bene, e che anzi oggi paiono voler travolgere il nostro Paese.

 

Proprio in questo frangente la Chiesa italiana si è sentita richiamata da Francesco, ha detto Bagnasco, dentro la «vivente tradizione» che lega parole di Paolo VI, scritte 50 anni fa eppure attuali, e parole di Roncalli e di Wojtyla, e di Benedetto XVI: che nella Caritas in veritate defini la verità e la carità «la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera». Ha ricordato, Bagnasco, quanto la Chiesa italiana fa per i migranti, e l’opera delle migliaia di Centri d’Ascolto, «vere frontiere sul territorio», presi d’assedio da poveri vecchi e nuovi. Ha ricordato la difesa che la Chiesa fa della famiglia, del suo nucleo fondante e della educazione di figli. Ha detto, insomma, l’ampia rete di un fare silenzioso e tenace, di una trama di solidarietà di antica matrice cristiana che resiste, e opera.Ma questo bene, parte da uno sguardo. Dalla fedeltà a quell’uomo storicamente per noi così lontano. Tutto comincia, e ricomincia mille volte nella vita dei semplici cristiani come dei vescovi, dallo «sguardo fisso in Cristo». Dalla memoria e dall’esperienza di quell’incontro, che imprevedibilmente, secondo un’altra logica, genera.Aveva iniziato il suo intervento, il Papa, parlando della terza apparizione di Cristo ai discepoli, sul lago di Tiberiade. A quell’alba in cui confusamente Pietro e gli altri lo riconobbero, senza però osare quasi pronunciarne il nome. (Pietro, poi, che per tre volte aveva tradito).Ma alla fine Cristo gli disse solo: «Seguimi». L’ultima parola di Cristo a Pietro, ha sottolineato Francesco, è quel «Seguimi». «Mi ha sempre colpito – ha detto – che Cristo dicesse semplicemente così». E, ha aggiunto sorridendo mentre l’assemblea aspettava il discorso, «Io vorrei andarmene con questo messaggio soltanto...». Con la Parola che conta e che resta. Con l’essenziale.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: