La «mortificazione» dei più fragili: sfida nel tempo del Covid che decide il futuro
martedì 22 febbraio 2022

Gentile direttore,
il Covid ci dà una certezza e cioè che sono i più deboli e le loro famiglie a pagare il conto più salato. “Avvenire” ne dà spesso testimonianza. Non solo bambini e ragazzi, privati del gioco, delle amicizie, dell’affetto di nonni, zii, cugini e di punti di riferimento indispensabili nella crescita. Anche le persone disabili; la loro vita sociale è limitata. Proprio loro che hanno un grande bisogno di ogni possibile, anche piccolo, contatto umano. E come non pensare alle persone gravemente malate, già di per sé costrette ad avere limitazioni nella vita quotidiana; devono prudentemente limitare i contatti con parenti e amici. Hanno di sicuro subìto anche il disagio di non essere sufficientemente assistiti come in precedenza. E per finire, ma non per importanza, gli anziani; già provati nel fisico, la loro vita quotidiana scandita da rapporti di amicizia e familiari viene svuotata. Figli, nipoti, pronipoti: ognuno di loro porta una ventata di aria fresca ogni volta che entra in casa e se ciò non è possibile manca l’ossigeno. Ognuna di queste categorie deve tuttora rinunciare alle relazioni umane, siano esse utili al fisico o allo spirito. Come mi ha fatto notare una persona a me cara, cos’altro conta nella vita se non le relazioni? Perciò mi chiedo: quanto è importante la mia libertà di fare praticamente tutto ciò che desidero se tutti loro non hanno la stessa mia possibilità di scegliere e, silenziosamente, sopportano questa mortificazione? Riusciremo a ricucire la frattura sociale e generazionale in tempo prima di diventare a nostra volta fragili e/o vecchi?

Susanna Murari Isola della Scala (Vr)

Proprio così la mortificazione, in tutte le possibili accezioni, dei più fragili è il segno distintivo del tempo del Covid. E la domanda cui lei, gentile signora Murari, chiude la sua lettera dovrebbe inseguire coloro che hanno il potere e il dovere politico di accompagnare l’Italia e il mondo fuori dalla pandemia. Una pandemia che, grazie ai vaccini, alle altre cure e alle cautele che in tantissimi abbiamo accettato, uccide di meno, ma non siamo affatto sicuri che sia finita con la quarta ondata e con la variante Omicron. Insomma: più che sbrigarsi a riaprire tutto anche “alla carlona”, c’è da sbrigarsi a curare tutti e in tutto il mondo. Ma sembra che si faccia prima a riaprire, e illude di più. Speriamo di non subire docce scozzesi e di non far pagare ulteriori pesantissimi prezzi soprattutto ai più deboli.

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