martedì 15 luglio 2014
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Gentile direttore,
desidero raccontarle di Bob (27 anni) e Dory (22) che hanno chiesto aiuto al nostro Centro di aiuto alla vita (Cav) perché la loro storia può aiutare ad orientarci. Premetto che tutti sanno che al Cav che abbiamo organizzato a Torino le porte sono sempre aperte e si viene aiutati fraternamente con consigli, ma si offrono però anche abiti per bambini, latte, pannolini, passeggini e si pagano pure le bollette di gas ed elettricità, canoni di locazione arretrati, riscaldamento, parcelle di avvocati. Tendenzialmente non si dà in mano il denaro, ma si paga noi la bolletta. Il motivo è che altrimenti il denaro è spesso destinato ad altro, e la bolletta non viene pagata. La situazione di chi bussa al Cav è però straordinaria: oltre allo stato di bisogno e di povertà che conosce bene ogni benemerito sportello Caritas, qui è in arrivo un figlio. L’abbrutimento estremo è quando lo stesso figlio è usato per avere aiuto: «Se non mi aiutate abortisco, qui c’è la prenotazione per lunedì prossimo…». Il compito dei volontari dei Cav è quello di mettere ordine in questa selva di difficoltà, facendo leva proprio sulla maternità che ha in sé la forza per far uscire la mamma, e anche le persone che le stanno attorno, dalla palude dell’assistenzialismo cronico. Questo è stato fatto anche con Bob e Dory, conviventi, con una bimba di 3 anni e in attesa – da poco – del secondo figlio. Si è partiti dal "certificato rosso" firmato dal medico per scoprire che i due sono di fatto senza lavoro. Lui teoricamente il lavoro ce l’aveva, perché versava per conto di un amico (che fa da datore di lavoro figurato) i suoi 330 euro di contributi ogni 3 mesi (per avere il permesso di soggiorno). Bob, ha fatto elementari e medie da noi, parla bene l’italiano, ma è extra-Ue. Ha anche lavorato un po’ da un amico, ma questi per pagarlo gli ha dato un’automobile di 12 anni che ogni tanto usa (anche senza assicurazione). Dory ha il passaporto scaduto, praticamente non esiste se si presenta a uno sportello. Dopo aver rotto i rapporti con le famiglie di origine, entrambe in Italia ma con difficoltà, hanno dormito per 3 mesi in un’auto poi hanno trovato una casa aperta, si sono infilati dentro e sono stati denunciati. Da allora stanno lì, la casa è pulita e in ordine. La corrente elettrica è succhiata non si sa da dove e con quella si provvede anche al riscaldamento. Per spostarsi usano i mezzi pubblici collezionando multe che non arrivano mai a casa, non avendo una residenza. Da due Parrocchie arrivano 200 euro al mese per mangiare con gli aiuti del Banco alimentare. I colloqui dei volontari dei Cav, dopo aver fatto emergere il quadro completo, devono far affiorare gradualmente la volontà di tirarsi fuori da sé, aiutandoli a vincere la rassegnazione. L’arrivo di un figlio (la maternità e la paternità) che parecchie volte viene indicata come fonte di problemi è, in verità, la più grande spinta (e risorsa) che possa esserci per uscire da questo stato di passività. Quando abbiamo proposto a Bob e Dory di pagare il biglietto dell’autobus, ci hanno spiegato che conveniva rischiare e che tanto le multe non sarebbero arrivate a casa; quando abbiamo proposto loro di spostarsi in una casa messa a disposizione da una Parrocchia, hanno ringraziato, ma hanno fatto osservare – consigliati da "amici" dei Centri sociali – che tanto il processo penale per l’uso della casa abusiva sarebbe andato avanti lentamente e conveniva rimanere lì senza spesa. In una casa normale avrebbero pagato luce, gas e acqua, sarebbero arrivare le notifiche delle multe… Come uscire da questo vicolo cieco? Abbiamo trovato a lui un lavoro, duro ma onesto, presso un fornaio che comincia all’una di notte: 650 euro al mese. Abbiamo comprato dei biglietti del bus per fare un po’ di allenamento alla legalità. Ora cerchiamo di fare rinnovare il passaporto organizzando un viaggio a Roma presso l’ambasciata. Il patto con Bob e Dory è chiaro: per accogliere il figlio, bisogna avere un clima sereno e si converge tutti in questa direzione. Stare nella legalità è più faticoso, ma è essenziale per i nostri figli. Un donatore di Progetto Gemma ha adottato questa coppia che ha stracciato il "certificato rosso" e vuole uscire dal tunnel: arriveranno 160 euro al mese per 18 mesi. Ai volontari del Cav il compito di accompagnare i due giovani soprattutto nelle motivazioni resistendo alle tentazioni delle scorciatoie che occhieggiano qua e là. Conclusione: 1) l’arrivo di un figlio dona la forza, lo stato d’animo giusto per superare le difficoltà; 2) un lavoro umile, anche con appena 650 euro/mese, dà speranza e non ci si sente poveri. Traslando a livello nazionale questa esperienza si potrebbe dire che: a) le famiglie solide, organizzate nel volontariato (qui quelle dei volontari dei Cav e di Progetto Gemma), sono le uniche che possono aiutare e far uscire i poveri dalla passività; b) L’arrivo di un figlio è una opportunità straordinaria per trovare le motivazioni di un impegno di mamma e papà; c) ormai hanno toccato tutti con mano che per avere posti di lavoro bisogna attirare gli imprenditori e i capitali e non farli scappare proclamando diritti vuoti, aumentando tasse, sventolando in modo solo propagandistico la lotta all’evasione...
Valter Boero, Torino - Movimento per la Vita
Non ho tagliato una riga di questa storia, caro professor Boero, perché la considero estremamente istruttiva. Una storia coinvolgente e utilissima per capire che cosa siamo stati capaci di costruire in negativo nella nostra Italia, tra burocrazia, anarchia e autodeterminazione di sé, proponendolo e persino imponendolo a chi è venuto da fuori e travestendolo addirittura da autentica "libertà": libertà di abortire, libertà dalle regole, libertà dai doveri... Una storia preziosa per comprendere quale grande opera di ricostruzione positiva e di educazione alla legalità sa condurre con civile fatica e cristiana passione la bellissima gente che opera nei Centri di aiuto alla vita: volontari che sono espressione di un popolo generoso e serio, persone che pregano, fanno e si spezzano per gli altri e con gli altri, cioè per coppie o donne sole in difficoltà materiale e morale. Anche le ultimissime righe delle sue considerazioni conclusive sono perfettamente coerenti con il resto del racconto e del ragionamento: se in questo Paese non saremo capaci di servire e rispettare la vita più fragile e senza voce, non saremo capaci di null’altro di buono e di bello, non saremo attraenti e trainanti e prevarranno solitudini, illegalità, egoismi.
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