La legge del mare è salda e nobile da secoli, in pace e guerra
giovedì 6 aprile 2017

Caro direttore,
il 28 e 29 marzo 1941 tra l’isola di Gaudo e capo Matapan, a sud del Peloponneso, si svolse uno scontro fra la Regia Marina e la Royal Navy in cui morirono 2.331 italiani, mentre gli inglesi salvarono e fecero prigionieri 77 ufficiali e 1.086 marinai italiani. Nell’inferno di quella battaglia navale l’ammiraglio Cunnigham, comandante della Flotta britannica del Mediterraneo, da vero uomo di mare, inviò un messaggio all’ammiraglio Riccardi, capo di Stato Maggiore della Marina italiana, perché inviasse subito una nave ospedale nelle acque dello scontro. Il messaggio fu inviato tramite il canale di soccorso radio marittimo della Marina Mercantile. Fu questo uno dei più nobili atti di umanità della Seconda guerra mondiale. Perché non viene mai ricordato? Perché esalta lo spirito di altruismo dei marinai verso i naufraghi, al di là delle bandiere? Perché oggi nobiliterebbe troppo lo svolgimento delle operazioni di soccorso svolte dalla Marina Italiana?
Enrico Calzolari, La Spezia

Per più di settantacinque anni sulla battaglia di capo Matapan e sul suo tragico esito in perdite di vite umane si sono versati in pagina fiumi di parole che hanno preso anche la forma di molti libri e alimentato diatribe a non finire su possibili e ignobili «tradimenti» (poi, meno male, rivelatisi inesistenti). È vero, invece, che il nobile episodio a cui lei, caro amico lettore, fa riferimento sembra un po’ troppo dimenticato. Ci sono politici e polemisti che non sanno nemmeno lontanamente che cosa la “legge del mare” ha saputo dettare alle coscienze per secoli e secoli anche in tempo di guerra, eppure pontificano. Con freddo cinismo. Io la penso come lei: le operazioni di soccorso della nostra Marina, della Guardia costiera e di ogni altro natante impegnato sulle tragiche rotte mediterranee delle migrazioni forzate sono nel solco di una grande tradizione che ha molte e diverse onorate bandiere e una sola grande patria ideale: l’umanità. Bisogna esserne consapevoli e grati.

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