giovedì 10 marzo 2022
La campagna elettorale registra la crisi del sovranismo di destra e di sinistra e nei sondaggi Macron guadagna sugli sfidanti euroscettici
Francia, dalla guerra una «nuova» lezione europea

Reuters

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In Europa, sono già innumerevoli gli scossoni legati alla tragedia ucraina. Ma nella Francia alle porte delle Presidenziali, i contraccolpi si sono trasformati in ribaltamenti iperbolici, come se brillasse, oltralpe, un 'lampeggiante' di portata continentale. Qualcosa che, agli occhi dei credenti, può persino apparire come una nuova 'lezione europea' crucialmente associata al sagrato di Notre- Dame. Giova ricordare qual è la posta in gioco di un’elezione presidenziale transalpina: in un Paese che già s’autoproclama «ambizioso», i più ambiziosi corrono per un palazzo che, in termini relativi di potere interno, non ha equivalenti nell’Europa democratica. Vi siederà un uomo o una donna in capacità di sciogliere l’Assemblea Nazionale, spedendo a casa i deputati. Senza contare gli altri strumenti 'speciali' a disposizione, come il veto all’Onu e l’atomica. Anche per questo, usualmente, ogni corsa per l’Eliseo eccita per mesi i francesi fino ad elettrizzarli, soprattutto sul 'rettilineo' degli ultimi 100 giorni.

Eppure, in modo del tutto imprevisto, da quando Mosca ha sferrato la sua aggressione, la corsa fra i più ambiziosi dell’ambiziosa Francia è finita per direttissima in frigo, nonostante s’avvicini il primo turno del 10 aprile. È successo naturalmente, senza input dall’alto. Certo, se il presidente Emmanuel Macron resta in prima linea negli sforzi diplomatici, è pure per via dell’attuale semestre francese di presidenza Ue. Ma una sordina surreale è calata in realtà sull’intera campagna elettorale. I media sono passati ad altro, così come certi candidati, tornati talora ai loro ruoli istituzionali, ad esempio all’Europarlamento, o alla guida di città impegnate nella solidarietà per gli ucraini. Nel frattempo, con gran stupore, la valanga di ribaltamenti ha toccato i campi più diversi. Capitale spesso tentata di salire in cattedra a dar lezioni, di preferenza verso l’Est europeo, Parigi ha finito per indossare i panni della 'discente', di fronte alle 'lezioni' dall’Ucraina martoriata. Basti pensare a un intellettuale come il filosofo Bernard-Henri Lévy, alias 'BHL', che in passato aveva sminuito Volodymyr Zelensky, chiedendosi ad esempio se il presidente ucraino non restasse una specie di buffone eletto da gente scombussolata. Il 26 febbraio, alla prima grande manifestazione parigina di sostegno all’Ucraina, nella simbolica Place de la République, BHL ha offerto agli astanti una rara ritrattazione in piena regola, a proposito di Zelensky e di chi lo ha eletto. Sì, ha ammesso, si è proprio sbagliato sul conto di colui che oggi è «il nuovo Churchill» europeo, alla guida d’una nazione fiera d’impugnare, suo malgrado, lo spartito dei popoli che resistono a sopraffazioni di stampo totalitario.

Ribaltamento subitaneo anche per il più tonante 'mattatore' delle scene, l’attore Gérard Depardieu, divenuto silenzioso, dopo aver tanto esaltato in passato il 'modello' dell’amico Vladimir Putin. «Sono contro questa guerra fratricida », recita un sommesso comunicato inviato all’Afp dall’istrione. Capovolgimento sorprendente, pure, nella percezione della Nato e dell’Ue, entità spesso 'strapazzate' nelle arene elettorali e mediatiche francesi. Ma di fronte alle pesanti minacce da Mosca, il Patto Atlantico è tornato al centro dell’attenzione, assieme all’idea del rilancio di un’Europa della Difesa. Analogo effetto sulla prospettiva di un’Europa dell’Energia, fin qui difesa negli ultimi decenni solo da rari europeisti di razza, come Jacques Delors, l’ex presidente della Commissione Ue. Di converso, in tanti campi, ha perso quota il 'sovranismo' alla francese, di destra o sinistra. A indicarlo sono pure gli ultimi sondaggi per le Presidenziali, che vedono Macron, europeista, guadagnare punti sugli sfidanti più euroscettici, come gli ultranazionalisti Marine Le Pen e Éric Zemmour, o, all’estremo opposto, il 'tribuno rosso' Jean-Luc Mélenchon. La candidata del Raggruppamento nazionale (Rn), fra l’altro, ha spedito in fretta al macero le brochure che contenevano una sua foto con Putin.

Capovolgimenti pure sul piano culturale. A Parigi, la mostra invernale di punta era quella sulla collezione di quadri dei fratelli russi Morozov, voluta dalla facoltosa Fondazione Louis Vuitton, anche per rinverdire il mito della romantica 'Russia senza tempo'. Ma adesso, i media danno la parola a non pochi intellettuali ucraini, pronti anche ad additare gli occultamenti storici voluti da Mosca, non solo durante la 'russificazione' sotto il giogo sovietico. Tanti francesi hanno così appreso, ad esempio, dei natali ucraini di scrittori come Gogol o Bulgakov. E certi media, per evocare la capitale ucraina, hanno persino riesumato il toponimo Kyiv, considerato meno russofono di Kiev. Tutto questo sullo sfondo di tanti boicottaggi antirussi, come quello del Festival di Cannes, proprio mentre coincidenza vuole che all’Opera di Parigi stia per andare in scena Wozzeck di Alban Berg, capolavoro novecentesco pacifista. Nel frattempo, si moltiplicano pure in Francia le veglie di preghiera per la pace, anche fra i musulmani, nella scia dell’incontro in Vaticano del 28 febbraio fra papa Francesco e Chems-Eddine Hafiz, rettore della Grande Moschea di Parigi. E la subitaneità dei ribaltamenti in Francia invita non pochi fedeli a riflettere già sul senso profondo di questa congiuntura, con lo sguardo rivolto pure al sagrato di Notre-Dame, che da 15 anni è la Piazza Giovanni Paolo II. Quel luogo speciale – centro geografico della Francia verso cui puntano storicamente le grandi strade nazionali –, è divenuto dall’aprile 2019, com’è noto, pure il simbolo d’una ferita architettonica che ha spinto tanti francesi ed europei ad interrogarsi, talora con sorpresa, sulla profondità dell’attaccamento al nucleo di senso a cui la Cattedrale 'martoriata' rimanda, al di là d’ogni secolarizzazione. Ma oggi, a quell’insegnamento sorprendente e imprevisto di portata europea, sembra seguirne un secondo, ispirato da una convinzione profondissima che più volte ribadì proprio il santo pontefice polacco a cui il sagrato è intitolato.

Il 31 maggio 1980, nella seconda giornata del suo primo memorabile viaggio in Francia, san Giovanni Paolo II si espresse proprio a Parigi davanti ai rappresentanti delle altre confessioni cristiane, con un saluto rivolto in primis ai «fratelli ortodossi » venuti da Oriente e accolti oltralpe nella scia di una «lunga tradizione» risalente a sant’Ireneo: «Devo anche dire che la mia visita a Costantinopoli mi ha dato molta speranza. Mi sono trovato assai bene in quella atmosfera, in quell’ambiente che evidentemente costituisce una grande realtà spirituale. Realtà complementare: non si può respirare da cristiani, direi di più, da cattolici, con un solo polmone; bisogna avere due polmoni, ossia orientale e occidentale. Questo per riferirmi solo a quella visita a Costantinopoli ». Una metafora, quella dei due polmoni, ribadita poi altre volte lungo il pontificato.

Di fronte alla cruda tragedia in Ucraina, persino il centralismo, il presidenzialismo e la ‘corsa degli ambiziosi’ in formato XXL tipicamente francesi, con la loro usuale magniloquenza, si sono sintomaticamente zittiti. E questo proprio mentre, nella capitale europea di questo semestre, torna invece a riecheggiare forte nei cuori, tutt’attorno a quella Piazza Giovanni Paolo II ferita e in cantiere, l’invito a una coscienza cristiana europea con due polmoni. Un’esortazione profondissima e più attuale che mai, per rilanciare un respiro più forte d’ogni insano fronte bellico, mentre la piccola grande Ucraina costretta a battersi per sopravvivere torna a far brillare 'lampeggianti' pure nell’Europa occidentale, attorno al comune bisogno continentale di pace e d’avvenire.

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