giovedì 21 aprile 2016
La Francia ha perso l’égalité tra nuovi ghetti e precarietà. Disuguaglianza al top e calo delle nascite. È allarme. (Daniele Zappalà)
Viaggio nelle tensioni sociali che agitano Parigi
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Attorno alle 21, Marwen Belkaid, studente universitario con radici familiari maghrebine, è entrato in scena e si è seduto davanti al presidente socialista François Hollande, piuttosto rigido di fronte alle telecamere della recente trasmissione speciale concepita per permettere a un panel di francesi di dialogare con il capo dello Stato. A un certo punto, il giovane 'di sinistra' ha squadrato l’interlocutore, spiegando perché si è unito alle proteste parigine non stop di Nuit Debout (notte in piedi), gli indignados alla francese che fanno le ore piccole a Place de la République per denunciare le 'oligarchie' di ogni tipo, finanziarie o politiche: «Signor Presidente, sono cresciuto a Marsiglia e ho avuto la fortuna di frequentare un buon liceo, prima di essere ammesso all’università. Ma rispetto a quelli che frequentavo da bambino, mi rendo conto di essere un’eccezione». Di questi tempi, nelle grandi città d’oltralpe, si possono incrociare tanti giovani come Marwen, pronti a ingrossare proteste di ogni tipo: da quelle sindacali contro la bozza di legge El Khomri (voluta dall’esecutivo per rendere assunzioni e licenziamenti più 'flessibili'), fino a quelle meno convenzionali 'contro il sistema', di vaga ispirazione sessantottesca, già al centro di numerosi scontri con la polizia antisommossa (Crs) e di furori vandalistici contro commissariati, facoltà e altri simboli istituzionali. Tanti editoriali prevedono altri mesi agitati, dati i malcontenti che ribollono nella 'generazione Y' con gli auricolari sempre innestati ad apparecchi vari (donde il nome), in mezzo a una Francia che stenta a onorare 'l’ascensore sociale' evocato fra le righe pure dallo studente Marwen. Ma con un rapporto intitolato «La frattura territoriale», è stata la Caritas francese (Secours Catholique) a realizzare la fotografia più precisa degli squilibri sociali dietro questa tensione, particolarmente avvertita nella regione parigina. Fissando l’attenzione proprio sui 12 milioni di abitanti che vivono nella capitale e nella sua vasta banlieue, il rapporto denuncia l’accrescersi continuo di disuguaglianze d’ogni tipo: alloggi, istruzione, sanità, redditi, capacità di rialzarsi dalle 'cadute'. Statistiche e testimonianze alla mano, lo studio denuncia «un forte aumento delle persone in situazione di precarietà nei comuni e nei dipartimenti più sfavoriti, dov’erano già maggioritari». È il caso, in particolare, nei quartieri del cosiddetto '93', il dipartimento Seine-Saint-Denis (a nord di Parigi) dove la popolazione ha spesso radici familiari nei Paesi arabo-musulmani. Proprio lo stesso dipartimento da anni al centro della cronaca più inquietante: dai roghi giovanili notturni dell’autunno 2005, fino agli ultimi fermi ed arresti di giovani sospetti da parte dell’antiterrorismo, nella fosca scia delle stragi jihadiste. L’orrore del 13 novembre era cominciato attorno allo Stade de France, in pieno '93'. E qualche giorno dopo, nelle immediate vicinanze, un impressionante blitz delle teste di cuoio ha portato all’uccisione del ventottenne Abdelhamid Abaaoud, 'cervello' delle stragi. Anche se gli analisti sottolineano che esiste sempre pluralità di fattori dietro i reclutamenti di giovani da parte delle sigle jihadiste, pare da tempo innegabile la forte correlazione delle derive giovanili criminali e terroristiche con 'l’apartheid territoriale' alla francese, come l’ha definita lo stesso premier socialista Manuel Valls, a capo di un esecutivo che spera di contrastarla facendo leva sulla scuola. Ma in proposito, al di là degli auspici ufficiali, un intero capitolo del rapporto della Caritas denuncia le «disuguaglianze crescenti del sistema educativo», già evidenziate a livello internazionale pure dall’Ocse. Nel rapporto, la testimonianza di un preside del '93' è eloquente: «Nel nostro istituto il 95% della popolazione scolastica appartiene alla categoria C, sfavorita, o D, molto sfavorita. Non abbiamo nessuna famiglia di categoria A, agiata. Sono in questa scuola dal 2003. Con gli anni, si può dire che la situazione delle famiglie è peggiorata. Siamo nella miseria sociale».   La regione di Parigi (Ile-de-France) è di gran lunga la più ricca del Paese (31% del Pil nazionale), ma pure quella con i comuni dove la povertà è più intensa e concentrata. E la convivenza di ricchi e poveri negli stessi quartieri pare spesso quasi un’utopia d’altri tempi, tanto è evidente il continuo ingrossarsi di fitti grappoli di quartieri e comuni 'chic' sempre più ricchi, contrapposti a dei 'ghetti sociali' sempre più poveri, come sottolinea il rapporto. Da decenni, i sindaci e altri amministratori dei primi preferiscono pagare multe salate, pur di non rispettare la legge che imporrebbe di costruire alloggi popolari in tutti i comuni del Paese. Per la Caritas, è innegabile l’approfondirsi di una «tendenza che, senza un intervento decisivo dei poteri pubblici nella politica di pianificazione del territorio dell’Ile-de-France, proseguirà fino alla rottura del tessuto sociale della regione». Ma in proposito, molti osservatori s’interrogano sui margini futuri di manovra dello Stato, oberato da un debito pubblico lievitato in fretta negli ultimi anni e ormai vicino al 100% del Pil. Secondo il rapporto, le categorie che rischiano di ritrovarsi maggiormente senza reti di protezione in caso di caduta sono soprattutto due: i giovani e le numerosissime famiglie monoparentali (quasi sempre, madri sole con figli). Queste ultime risultano ancor più concentrate nei territori fragili: nei 10 comuni più poveri del '93', esse rappresentano quasi un quarto del totale (23,9%), contro una media del 17,4% nella regione parigina. E per molte di queste famiglie, i sussidi statali o le agevolazioni fiscali rappresentano risorse vitali. Di fronte a simili picchi di fragilità nei legami familiari, un eventuale giro di vite nel welfare a causa dei conti pubblici in rosso potrebbe generare effetti pesanti. Persino sulla demografia, finora uno dei maggiori punti di forza del Paese. In proposito, il noto demografo Gérard-François Dumont, docente alla Sorbona, ha appena analizzato il 'doppio allarme' contenuto negli ultimi dati sulla popolazione: in un solo anno, un calo del 2,5% delle nascite e un aumento dei decessi del 7% (senza considerare i territori dell’Oltremare). Accanto ad altri fattori, argomenta lo studioso, potrebbe trattarsi di una spia delle disuguaglianze di un sistema sanitario «segnato da lacune in certi territori». Proprio ciò che il rapporto Caritas, su scala regionale, denuncia come «un cattivo equilibrio nell’accesso alle cure». Accanto al dramma dei ventenni francesi attirati a centinaia nelle reti jihadiste, così come sullo sfondo dell’alta statua bronzea di Marianna, in Place de la République, dove bivaccano gli 'indignati' di Nuit Debout, c’è pure una Francia che scopre sempre più due dolorosi talloni d’Achille chiamati segregazione territoriale e sfaldamento delle famiglie.
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