giovedì 25 ottobre 2012
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​Troppi rifiuti smaltiti illegalmente. Troppe discariche abusive. Troppi veleni. Troppi "roghi". Così l’Unione europea presenta il conto all’Italia avvelenata. Che ora potrebbe essere chiamata a pagare, e tanto, il proprio inquinamento. Già, pagare per essere stata incapace di sanare le ferite all’ambiente, quelle denunciate recentemente anche nel documento della Cei per la Giornata per la salvaguardia del Creato. Ben 56 milioni di euro di ammenda oltre ad altri 256mila al giorno se arriverà una seconda, prevedibile, condanna della Corte di Giustizia europea.Perché il nostro Paese è già stato condannato una prima volta nel 2007 ma nulla ha fatto per chiudere le discariche e bonificare i territori. Malgrado ripetuti richiami della Commissione Ue che ora ci appioppa la sonora multa e chiede una seconda condanna che ci farà scaricare sul groppone un’ulteriore, e ancora più pesante, ammenda. Doppiamente colpevoli i nostri governi, incapaci non solo di tutelare ambiente e salute ma anche di evitare questo vero e proprio salasso. Così mentre si tagliano fondi e non si trovano veri sostegni a famiglie, scuole, disabili, fasce deboli, dovremo letteralmente buttare via decine di milioni per non essere stati capaci di gestire bene i rifiuti che buttiamo via. Ci tira le orecchie l’Europa, ricordando che siamo ben al ventesimo posto tra i 27 Paesi Ue per qualità nella gestione dei rifiuti, che gettiamo in discarica ancora il 51% dei rifiuti (media Ue al 38) e che la media della raccolta differenziata è ferma al 21%. Pagheremo proprio per questo spreco. Perché oramai lo sanno anche i bambini che riciclare conviene, fa recuperare materie e energia. La Ue, nel condannarci, ricorda che la piena attuazione della normativa comunitaria consentirebbe di risparmiare ben 72 miliardi di euro, creando in Europa 400mila nuovi posti di lavoro. Invece l’Italia, in particolare il Sud, ma non solo, continua a buttare via. E inquinando, danneggia attività, come l’agricoltura e il turismo, facendo perdere ricchezza e posti di lavoro. Una situazione nella quale, invece, sguazzano, facendo affari d’oro, ecomafie ed ecofurbi. Proprio quelli che hanno costruito le discariche mefitiche che hanno provocato la megamulta: 255 "buchi neri", intrisi di percolato che penetra nelle falde uccidendo acqua e vita, o che bruciano dall’interno come moderne tossiche fumarole. Pagheremo anche per loro, per questi avvelenatori, killer del nostro futuro e, ora, anche del nostro salvadanaio. Così mentre nella "terra dei fuochi" e nelle tante aree del Paese (Nord compreso) compromesse da scarichi tossici, si muore più che altrove, quelle decine di milioni sarebbero stati preziosi per curare e sanare. Altra terribile beffa. Ammalarsi e non poter essere curati proprio per colpa della causa della malattia. L’Italia pagherà proprio questo. Ma pagherà soprattutto l’incapacità di tutelare la propria terra e di gestire sistemi che non sono complessi ma assolutamente semplici, quasi banali. Perché tale è, o dovrebbe essere, la filiera dei rifiuti. Tanti comuni, anche in Italia, lo fanno bene e i cittadini ci guadagnano in salute e nel portafoglio. Ma in tanti altri i soldi non ci sono mai. Oppure ci sono e finiscono nelle tasche sbagliate, di qualche cosca, di qualche imprenditore "sporco", di qualche politico colluso. I rifiuti sono uno dei settori più colpiti dalla corruzione (altra "spesa" per il Paese...). La cronaca è purtroppo piena di queste storie. Cronaca nera che puzza come le discariche che ci fanno fare l’ennesima magra figura. Quella cronaca che stiamo raccontando da quattro mesi. Dando voce al dramma di tante, troppe, "terre dei fuochi". Cittadini che soffrono e che oggi, dopo questa pesante condanna, si sentono ancor più offesi.
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