domenica 5 giugno 2016
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Nessun dorma. Verrebbe da prendere a prestito il titolo di una famosa romanza di Puccini, per un primo commento del Motu Proprio del Papa che prevede la possibilità di rimuovere i vescovi negligenti nei confronti di casi di abuso su minori. Nessun dorma di fronte a questo terribile peccato e reato. Tanto meno chi – proprio come dice l’etimologia del suo stesso nome – è chiamato a vegliare a 360 gradi sul gregge. E specialmente quando si tratti di prevenire e di reprimere condotte così turpi, che contraddicono l’ordine sacro nella sua stessa essenza, al punto che proprio Francesco le ha paragonate alle messe nere. Via le ombre, quindi. Nessun dorma perché una mamma, come è la Chiesa, non può “addormentarsi” o non vedere. E in effetti colpisce che il Motu Proprio faccia riferimento all’atteggiamento materno fin dal suo titolo (che nei documenti pontifici è dato dalle prime parole del testo). «Come una madre amorevole la Chiesa ama tutti i suoi figli, ma cura e protegge con un affetto particolarissimo quelli più piccoli e indifesi», esordisce infatti la lettera apostolica. E questo incipit ne palesa subito anche la ratio. Tutelare i bambini, difendere i più deboli, stimolare anzi ad agire decisamente per isolare i colpevoli e metterli nelle condizioni di non nuocere più. Tutti sono avvertiti. Non solo non sarà ammessa alcuna zona grigia (e, ormai da anni, questo non è una novità), ma nessun ritardo verrà tollerato. Il dovere di vigilare non ammette eccezioni, pigrizie, lentezze, eccessi di cautela. Proprio per questo la norma che Francesco introduce nell’ordinamento canonico è ancora più severa di quella che si riferisce a eventuali “colpi di sonno” in altri settori. Il Motu Proprio puntualizza infatti che «nel caso di abusi su minori o su adulti vulnerabili è sufficiente che la mancanza di diligenza sia grave», mentre negli altri casi si richiede una mancanza di diligenza «molto grave». Troviamo qui la prova tangibile di un’ulteriore escalation di quella «scelta preferenziale per le vittime» e di quella «tolleranza zero» che, riguardo alla piaga della pedofilia tra gli ecclesiastici, sono fin dall’inizio le linee portanti del pontificato di Francesco, sulla scia di quanto già attuato da Benedetto XVI. Numerosi e inequivocabili sono i suoi pronunciamenti sull’argomento. Tra le più severe al mondo la legislazione penale varata qualche tempo fa per punire gli abusi che eventualmente fossero commessi nella Città del Vaticano o in ambienti della Santa Sede, nunziature comprese. Senza precedenti l’istituzione di una Pontificia Commissione per la Tutela dei minori, presieduta dall’arcivescovo di Boston, cardinale Sean Patrick O’Malley. E ora questo nuovo giro di vite.Rimuovere un vescovo è sempre una decisione grave e sofferta. E lo testimonia il fatto che anche la norma varata ieri riservi l’ultima parola al Papa e preveda che egli stesso possa farsi assistere da un apposito Collegio di giuristi, prima di decidere. E tuttavia la nuova procedura testimonia che molto di più e molto prima dell’interesse e del “buon nome” di un vescovo, nella Chiesa viene, per ordine di importanza, la salute spirituale e fisica dei piccoli. È la conferma di un dato incontrovertibile, ma ancora troppo poco sottolineato dai media. Ancorché la pedofilia non sia affatto un fenomeno così presente nella Chiesa cattolica (come invece nel recente passato – e non si sa quanto involontariamente – diversi media tendevano ad accreditare), oggi non c’è altra organizzazione al mondo che persegua questo terribile male con la stessa determinazione e la stessa chiarezza della Chiesa di Roma. Una determinazione che bisogna augurarsi sia di esempio a chi, a livello nazionale e internazionale, sembra incapace di fare altrettanto per sgominare, o almeno ridurre in modo serio, tristissime e violente realtà come la pedopornografia, il turismo sessuale e la prostituzione minorile, dai quali la pedofilia finisce direttamente o indirettamente per essere alimentata. L’imperativo del nessun dorma riguarda, infatti, tutti. Ognuno nel suo ambito.
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