L’inclusione e le sagge politiche perdute
mercoledì 28 agosto 2019

Domenica scorsa abbiamo ricordato Jerry Essan Masslo rifugiato sudafricano, bracciante nella raccolta del pomodoro e attivista per i diritti dei migranti, ucciso nella notte tra il 24 e il 25 agosto 1989 nel capannone di Villa Literno dove viveva assieme a decine di immigrati. Sfruttati allora come oggi.

Ma la memoria, come ci ricorda sempre don Luigi Ciotti, deve essere sempre affiancata dall’impegno. Oggi ancor più di allora. Riflettendo sul clima e sulle risposte politiche di allora e di oggi. Per imitare le scelte positive di 30 anni fa e correggere quelle gravissime di oggi. Il clima allora, come oggi, era pesante per i giovani africani. Il 24 aprile 1990 ci fu un altro evento drammatico, la strage di Pescopagano, tra Castel Volturno e Mondragone. Quattro immigrati africani e un italiano vennero uccisi dal clan La Torre, legato ai 'casalesi'. Una punizione nel mondo dello spaccio ma condotta in modo violentissimo (alcune delle vittime erano totalmente estranee), provocato da una forte intolleranza verso gli immigranti che nell’area stava crescendo e della quale la camorra, molto sensibile nella ricerca del 'consenso', si faceva interprete.

La strage, infatti, era stata preceduta dalla comparsa di volantini che riportavano queste durissime parole: «È aperta la caccia permanente al nero. Data la ferocia di tali bestie e poiché scorrazzano per il territorio in branchi, si consiglia di operare battute di caccia in gruppi di almeno tre uomini». Volantini, lo strumento di comunicazione di allora. Oggi avrebbero usato i social. Allora era la camorra a soffiare sul fuoco dell’intolleranza, oggi è addirittura parte della politica. Allora e oggi, quante analogie, purtroppo. Jerry era un profugo al quale era stata negata la protezione umanitaria al tempo concessa solo a chi veniva dai Paesi dell’Europa dell’Est. Era un irregolare. Sfruttato ed etichettato come 'clandestino' al pari dei tanti che, come stiamo raccontando in queste settimane, finiscono nel limbo prodotto dal cosiddetto primo Decreto sicurezza.

Al loro fianco, allora come oggi, le associazioni del volontariato, le Ong oggi messe sotto accusa. Ma allora la politica reagì positivamente. Corresse i propri errori. La vicenda di Jerry Masslo portò il governo Andreotti VI a varare, in tempi record, il decreto legge 30 dicembre 1989 n. 416, recante norme urgenti sulla condizione dello straniero, convertito poi nella Legge 28 febbraio 1990 n. 39: la famosa legge Martelli che all’articolo 1 riconosceva agli stranieri extraeuropei sotto mandato dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite, lo status di rifugiato, eliminando la 'limitazione geografica'.

Allo stesso tempo si regolarizzarono i lavoratori stranieri presenti, con l’emersione dalla 'clandestinità' di circa 220mila immigrati, quasi tutti africani. Provvedimenti saggi. Una saggezza necessaria oggi come allora. Ma erano altri tempi e, soprattutto, altra politica. Quella morte violenta fece scoprire all’Italia un invisibile esercito disarmato di uomini arrivati dall’Africa, la loro speranza e la loro disperazione, la loro voglia di riscatto. Allora come oggi. Come i 16 immigrati morti nei furgoni dei caporali nel Foggiano lo scorso anno. Come i morti bruciati nei 'ghetti' di San Ferdinando, Borgo Mezzanone, Rignano Garganico, Bernalda. Ma allora la reazione fu davvero positiva. Il vicepresidente del Consiglio, Claudio Martelli sei mesi dopo firmò il primo decreto legge organico sulla regolamentazione degli immigrati. Mentre oggi un altro vicepresidente del Consiglio ha firmato due decreti con norme che creano irregolarità e con disposizioni addirittura disumane.

Appena trenta anni dopo. Ma non è tardi per riprendere la giusta strada. Quella di un Paese che apriva porte e menti secondo un sistema di regole dal cuore umano. Di un Governo che capiva e cercava di governava un fenomeno, senza demonizzarlo e senza usarlo come arma di consenso. No, non è troppo tardi. Correggere i gravi errori dei decreti sicurezza, e realizzare una vera politica di inclusione, sarebbe davvero un punto importante nell’agenda di un nuovo governo e il modo migliore per ricordare Jerry Masslo.

Altrimenti le sue parole pronunciate in un’intervista al Tg2 pochi giorni prima di essere ucciso sarebbero terribilmente attuali. «Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà, un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi. Invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo Paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo è anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane con chi non chiede altro che solidarietà e rispetto».

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