martedì 28 luglio 2015
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Sono due anni che padre Paolo Dall’Oglio è scomparso. Non lo abbiamo dimenticato. Dimenticarlo non sarebbe da amici. Rappresenterebbe una complicità con chi l’ha rapito. Aspettiamo che torni. Anch’io lo conosco bene, e ne stimo l’audacia cristiana. Ricordarlo è far memoria di una realtà vergognosamente irrisolta: la Siria in preda ai demoni di una guerra (civile e internazionale) senza pietà. Dall’Oglio era schierato contro il regime dittatoriale di Assad, che conosceva da vicino, avendo vissuto tanti anni nel Paese. È scomparso a Raqqa, mentre cercava di metter pace tra curdi e jiahdisti. Così sembra. Paolo, uomo di grande vitalità e passione, è molto coraggioso, senza timore di affrontare imprese difficili. Considera la Siria come casa sua ed era qui molto rispettato. Eppure chi l’ha rapito non lo considera uno di casa. Forse terroristi stranieri. Oppure siriani, per cui un cristiano, che parla così bene l’arabo e conosce tanto l’islam, non può essere che un nemico. Il rapimento di Paolo mostra un imbarbarimento senza limiti, violando l’ospitalità praticata fino ad allora.Pochi mesi prima, nell’aprile 2013, tra Aleppo e la Turchia, erano stati rapiti due vescovi, il siriaco Mar Gregorios Ibrahim e il greco-ortodosso Boulos Yazigi. Mar Gregorios, come tutti i vescovi siriani e libanesi, considerava il governo di Assad una garanzia per i cristiani, dopo la quale ci sarebbe stato un salto nel buio. Sa cosa vuol dire soffrire. I suoi nonni avevano lasciato il Tur Abdin (ora in Turchia), terra ancestrale della sua Chiesa, dopo le stragi anticristiane del 1915. Avevano trovato rifugio nella Siria francese. Così la Chiesa siriaca, una comunità povera con tutta una storia senza potere e tra le persecuzioni, si era ricostruita. Gregorios è stato l’attore dei contatti internazionali dei siriaci. L’attuale patriarca siriaco, eletto dopo il rapimento di Gregorios, è stato suo diacono.Gregorios è un grande amico personale. Lo conosco dal 1986, dalla preghiera interreligiosa di Assisi, voluta da Giovanni Paolo II. Poco più di due anni fa, sembra che il vescovo fosse uscito da Aleppo per negoziare la salvezza di due preti scomparsi nel febbraio precedente, Michel Kayyal (armeno cattolico) e Maher Mahfouz (greco ortodosso). Nessuno apparteneva alla sua Chiesa, ma Gregorios si è speso per loro: è uomo generoso, che rischia, cerca la pace e crede molto nel dialogo. E poi chi avrebbe osato toccare l’arcivescovo siriaco di Aleppo, proprio nelle vicinanze della città? Eppure la regione di Aleppo, in cui Gregorios si muoveva con tanta passione, è stata matrigna per lui. Lo avevo accompagnato anni prima per il suo Paese: lo amava e credeva alla presenza dei cristiani accanto ai musulmani.Alcuni altri dicono che Gregorios fosse andato a prendere il vescovo greco-ortodosso, Boulos Yagizi, uomo mite e spirituale, che faceva fatica a rientrare ad Aleppo. Anche Yazigi, il cui fratello Giovanni è stato eletto patriarca ortodosso, era tutt’altro che contrario al regime. La Chiesa greco-ortodossa è la comunità cristiana più folta e più araba del paese. Perché i due vescovi, in viaggio insieme, sono stati rapiti? C’è un fitto silenzio su di loro da più di due anni. Sono due siriani che credevano nella Siria, terra del vivere insieme tra cristiani e musulmani. E forse il loro mondo era già finito nelle barbarie di una guerra spietata. Ma non potevano accettarlo.In tante comunità cristiane, e in tutte le Comunità di Sant’Egidio del mondo, si prega ogni giorno per la liberazione dei due vescovi e di padre Paolo Dall’Oglio. Questi tre amici avrebbero potuto avere un ruolo prezioso in Siria negli ultimi e durissimi anni. Anni in cui tanto è cambiato. In peggio. Non ci sono più regime o rivoluzione. Ma ci sono bande. C’è lo Stato islamico. E ci sono diverse e configgenti strategie internazionali, che giocano spietatamente, insensibili al dolore di un intero popolo. Due anni di detenzione sono tanti. Ma gli anni di guerra sono ormai troppi per i siriani. Come ai tempi del primo conflitto mondiale, e persino di più.È tempo di ritrovare occhi e voce. E bisogna saperli prestare ai tre rapiti. E tramite loro al popolo che essi amano e servono. Chiederebbero prima di tutto pace per la Siria. E noi con voce di popolo dobbiamo chiedere, pregare e operare perché torni la pace. Perché finisca la scandalosa impotenza della comunità internazionale di fronte a un’infinita e atroce danza macabra.
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