Questa crisi che non ci voleva proprio e l'illusione di credersi indispensabili
sabato 23 gennaio 2021

Caro direttore,
come cittadina ho seguito con attenzione e trepidazione le vicende di queste giornate di crisi politica del nostro Paese, e vorrei condividere qualche pensiero a valle del dibattito in Parlamento. Sono pervasa da un profondo senso di tristezza; essenzialmente ho visto il mio Paese e i suoi cittadini umiliati da una politica modesta e senza ragioni, in questa situazione sostanzialmente di “guerra”. Sono oscure dapprima le motivazioni della crisi promossa da Italia Viva. Se l’obiettivo era quello di migliorare i provvedimenti e le proposte per l’attuazione del Next Generation Eu, a mio avviso avrebbe dovuto tenersi stretti gli incarichi di governo e a testa bassa lavorare di più e, comunque, in modo più efficace. Altro non poteva e non doveva fare. Un falso e modesto proclama mi appare il “non siamo interessati alle poltrone”, perché, nelle circostanze attuali, l’unica strada possibile mi sembra quella di onorare il ruolo e la responsabilità con maggiore umiltà, impegno e dedizione. A Matteo Renzi, al quale ho guardato con interesse e rispetto, mi sento di dover dire con molta chiarezza che i cittadini non capiscono più da tempo a che cosa sia davvero interessato e a che cosa miri.
Sono poi oscure le manovre e le resistenze di un presidente del Consiglio in carica, che si barrica in un governo traballante dietro alla sua figura, neanche fosse Eisenhower... Anche a lui, che viene dal mondo delle professioni e dell’accademia, qualcuno avrebbe dovuto consigliare maggiore dialogo, prudenza e umiltà. Forse, dico io da semplice cittadina, se avesse rimesso subito il suo mandato, senza questi inutili e forse controproducenti giorni di trattative con i “volenterosi”, oggi potrebbe aver già avuto anche un reincarico e avrebbe una maggiore autorevolezza per tentare di fare una proposta di governo nuova nei contenuti e nei modi. E se non dovesse essere lui ancora una volta il punto di equilibrio, potrebbe e dovrebbe aver lasciato il passo a un’altra figura, e farlo a testa alta. So bene che la procedura per la formazione di un nuovo governo, potrebbe prendere giorni ed energie preziose in queste circostanze, con la campagna vaccinale, le chiusure colorate e lo scostamento di bilancio da gestire. Ma purtroppo questa è la triste vicenda in cui siamo.
In mente, infine, mi ronza una domanda assillante: quali sono le ragioni profonde di questa situazione, perché cioè la classe politica del nostro Paese, con particolare riferimento ai leader attuali, sembra così inadeguata, perché non ha il senso della misura e delle istituzioni, cioè in ultima analisi, un vero senso della responsabilità nell’esercizio del potere? Dobbiamo davvero concludere che essa non è che lo specchio di un Paese che è caduto in basso, che si è marginalizzato, che non ha più lo slancio di una vera potenza in Europa e nel mondo? Credo che dobbiamo seriamente interrogarci sulla questione: e che la pandemia e la condizione difficile della nostra economia e di larga parte dei cittadini, possa essere un grande stimolo. Punto nevralgico, per me, è capire perché non c’è più quella osmosi vitale tra forze intellettuali, imprenditoriali, culturali e creative del nostro Paese e dirigenza politica. È venuto il momento di pensarci seriamente e, soprattutto, di fare delle proposte e scelte per porvi rimedio e di mettere in agenda, come priorità assoluta, la formazione della classe politica del Paese.
Lucia Toniolo, Milano

Anche se molti continuano a credere, e cercano di farci credere, il contrario, la politica – che prima o poi spero di poter scrivere con la “P” maiuscola – è fatta anche di generosità, e va fatta con generosità. E questo significa ascoltare e vedere la realtà, prima che se stessi. Mettere avanti a tutto la vita del Paese e della buona causa che si è chiamati a servire, e in ogni caso mettendola prima della propria sopravvivenza in un dato ruolo di partito o di governo. Saper unire, insomma, alla pur necessaria consapevolezza del valore della propria azione pubblica, una coscienza acuta del “perché” quell’azione dev’essere resa al meglio. Ecco perché – l’esempio è tutt’altro che casuale – nessuno mai dovrebbe tentare di strumentalizzare sentimenti e valori come quelli religiosi per operazioni tattiche. Da diverse parti in questi anni, e anche nella vicenda della rottura dell’attuale maggioranza di governo, oggi assai fragile (e solo relativa al Senato), abbiamo sentito evocare e addirittura invocare la “cattolicità” di questo e quel leader o di questo o quel sostegno a un governo o a uno schieramento. Beh, non si vedono in giro, e in ogni caso non mi risultano, “unti del Signore”. E gli errori inanellati da tutti i protagonisti della politica italiana – e di più da chi ha propiziato e reso palese la crisi: Matteo Renzi e Giuseppe Conte – sono impressionanti, soprattutto in questa durissima fase della vita nazionale in cui ci sarebbe da stare tutti insieme, a maniche rimboccate, accanto al Paese reale. Per queste ragioni, cara professoressa Toniolo, apprezzo molto la sua riflessione e condivido la sua amarezza e i suoi “suggerimenti” ai nostri politici mentre sembra che stia infine per aprirsi, anche formalmente, la crisi del governo in carica.
Siamo figli, lei e io, di una cultura che ci ha portato a riconoscere l’intelligenza e l’abilità (anche politica) di chiunque, ma a considerare con rispetto e dunque con vera stima solo chi dimostra di mettere l’interesse generale davanti al proprio. La stessa cultura che ci porta a considerare preziosi i partiti perché sono lo strumento per dare rappresentanza alle attese ideali e concrete della gente e per trasformarle in progetti e in azioni, cioè perché sono “parti” di una vicenda corale e non solo camarille riunite attorno a un “capo” e a obiettivi faziosi. Qualcuno pensa che si tratti di una visione e di un discorso da idealisti, e invece si tratta dell’espressione di un grande realismo, quello di chi sa che la democrazia comincia e vive nella stima della cittadinanza e che senza questa stima va alla malora con esiti terribili. Anche per questo – lei, io e tanti altri – non dimentichiamo un’antica saggezza popolare che si applica assai bene alla dignità di chi fa politica: tutti sono utili e nessuno è indispensabile. Chi dovesse pensarsi indispensabile, presto o tardi, si ritrova a essere un capitano senza compagnia. Potrebbe essere la prima lezione in una scuola che prepari ad assumere responsabilità in una democrazia come la nostra.



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