Il «come prima» non ci serve
martedì 14 aprile 2020

Maria di Magdala, dopo aver dato l’allarme sulla sparizione del corpo di Gesù, piange con lo sguardo ancora fisso sul sepolcro vuoto. Persino quando il Risorto in persona la interpella, ella lo scambia per il guardiano del giardino. Ed è solo quando sentendosi chiamata per nome si volge verso di Lui, invertendo di 180 gradi la direzione del suo sguardo rispetto al sepolcro, che lo riconosce. Abbiamo letto tutto questo nel brano del Vangelo di Giovanni immediatamente successivo a quello proclamato nella Messa del Giorno di Pasqua. E ieri il Papa, nell’omelia della Messa di Santa Marta, lo ha commentato al culmine dell’itinerario pasquale. «Il Vangelo di oggi – ha detto – ci presenta una scelta di tutti i giorni, un’opzione umana che regge da quel giorno: l’opzione tra la gioia, la speranza della resurrezione di Gesù, e la nostalgia del sepolcro». Perciò se sceglieremo il Risorto, «la nostra scommessa sarà per la vita, per la risurrezione dei popoli».

Se invece rimarremo fissi a guardare il sepolcro, senza capire (e riconoscere) la Parola di resurrezione e la novità grande e urgente che ci sta davanti, l’opzione sarà «per il dio denaro: tornare al sepolcro della fame, della schiavitù, delle guerre, delle fabbriche delle armi, dei bambini senza educazione». Terribile bivio non solo per i singoli, ma per l’umanità intera, per i governi, per le istituzioni democratiche, per gli ambienti politici e scientifici e per chi controlla il mondo economico e finanziario. Oltre tutto, mai così attuale come in questi mesi di pandemia, mentre già si prepara quel "dopo" al quale il Papa ha fatto esplicito riferimento. Sembra anzi che egli abbia voluto inoculare queste parole nelle coscienze degli uomini, come se fossero un vaccino. Da un lato per fermare un’epidemia da sempre ben più pericolosa del coronavirus – quella dell’egoismo e dell’odio che vanno di pari passo con l’adorazione del dio denaro –; dall’altro per invece diffondere quello che domenica ha definito «il contagio della resurrezione che si trasmette da cuore a cuore, perché ogni cuore umano attende questa Buona Notizia».

Il dopo Covid-19 dovrà essere perciò, negli auspici e nelle raccomandazioni del Pontefice, l’occasione per una rivoluzione copernicana che metta al centro di tutto l’uomo e non i soldi, i poveri e non il loro indegno sfruttamento, i popoli e non chi vuole opprimerli. «Nulla sarà come prima», è una delle frasi che si sentono ripetere più spesso in questo periodo. Perché non diventi un vuoto slogan, o peggio ancora, una strategia gattopardesca, Francesco in questi giorni di Pasqua ha tracciato una sorta di preziosa road map. «Preghiamo oggi per i governanti, gli scienziati, i politici, che hanno incominciato a studiare la via d’uscita, il dopo-pandemia: perché trovino la strada giusta, sempre in favore della gente, sempre in favore dei popoli», ha invocato ieri.

E in questo contesto non possono passare in secondo piano la proposta di «una forma di retribuzione universale di base» affinché «nessun lavoratore sia senza diritti»; e il robusto richiamo all’Unione Europea – anche alla luce di quanto è accaduto di recente in ambito comunitario – che «ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero». In quest’ultimo caso, ad esempio, guardare al sepolcro significa continuare a dar libero corso a quelle «rivalità», all’«egoismo degli interessi particolari» e «alla tentazione di un ritorno al passato», che possono portare alla dissoluzione dell’Ue, ha avvertito il Pontefice. Mentre la scelta di resurrezione è «un’ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative ». Serve dunque una 'inversione a U' in tutti i campi. Anche nel vocabolario, ha lasciato intendere Francesco. Serve mettere al bando termini come indifferenza, egoismo, divisione, dimenticanza, commercio delle armi, guerre, aborto (in una parola il dio denaro) e promuovere invece la solidarietà. Non è una semplice coincidenza che proprio della necessità di un «contagio della solidarietà», abbia parlato venerdì scorso il nostro capo dello Stato, Sergio Mattarella, in un messaggio agli italiani, che evidentemente non vale (dal punto di vista dei contenuti) solo per noi. E colpisce che quella parola, 'contagio', sia risuonata a distanza di così poco tempo sia sulle sue labbra, sia su quelle del Papa. Contagio della resurrezione, cioè della speranza e della solidarietà. Perché ogni uomo diventi come Maria di Magdala, volgendosi di 180 gradi. Spalle al sepolcro, al denaro, alla morte e sguardo puntato verso la vita vera della gente vera, e primi fra tutti i poveri.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI