I prigionieri dicono senza vera libertà Ma su loro si può dire ciò che è vero
giovedì 24 marzo 2022

Gentile direttore, leggo oggi (18 marzo, ndr) l’articolo di Ferdinando Camon, che commenta le dichiarazioni rilasciate dai soldati russi, fatti prigionieri dagli ucraini. Così come leggo e sento, in questi giorni, su tutti i media italiani, notizie e commenti su tali “conferenze stampa”. Uso le virgolette perché mi sembra allucinante chiamarle così. La mia reazione è sentirmi scandalizzato. Cosa penseremmo se fossero i russi a far parlare alcuni prigionieri ucraini? La prima protezione di un prigioniero, se si intende assicurargliela, è non esporlo pubblicamente, al servizio della propaganda (per quanto possa essere veritiera e rispettabile). Per definizione un prigioniero non è “libero”, e non può esprimersi liberamente. Sotto che livello di pressione parla? Come si può ritenere che dica veramente ciò che pensa? Tante volte, quando voglio leggere un commento serio e autorevole, lo cerco su “Avvenire”. E continuerò a fare così. Per questo motivo vorrei che una notizia di questo genere fosse commentata in modo serio. Rispettoso, da un punto di vista umano e della verità, della condizione indecifrabile del prigioniero. Con la massima attenzione a continuare a fare giornalismo e a non scivolare, inconsapevolmente, nella propaganda di guerra. Con stima e rispetto

Giuseppe Bertolini psicologo


È verissimo, gentile dottor Bertolini, ciò che lei scrive con umanità e competenza. Eppure il fine e coinvolgente commento di Ferdinando Camon che lei richiama non ha al centro le parole (ovviamente poco libere) dei prigionieri, ma la loro condizione di giovani soldati mandati in guerra, e in guerra d’aggressione, a far vittime e a esserlo. Ed è un accorato, letterario, appello alla renitenza alla battaglia indirizzato a chi prigioniero non è. Opere e scritti di Camon sono tradotti da decenni in russo, ma questo suo articolo non lo sarà di certo. E non perché è nutrito di propaganda, ma perché è umanamente toccante e vero e, dunque, veramente alternativo alla logica dell’invasione e del massacro.

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