venerdì 22 luglio 2022
L'intesa per esportare 20 milioni di tonnellate di cereali dà sollievo al mondo e anche a Kiev. La mediazione di Onu e Turchia, con un ruolo all'Italia. Ma c'è un patto che avvantaggia il Cremlino
Giorno 149: la svolta dell'accordo sul grano, ecco perché la Russia ha firmato
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La guerra in Ucraina è giunta al 149° giorno e si registra, con soddisfazione, un fondamentale accordo che permetterà l’esportazione del grano ucraino. Il patto è stato firmato a Istanbul dalle delegazioni dei due Paesi, anche se non direttamente, a rimarcare la forte ostilità che rimane tra Mosca e Kiev. "Oggi c'è un faro sul Mar Nero. Un faro di speranza, di possibilità e di sollievo in un mondo che ne ha più che mai bisogno", ha detto il segretario generale dell’Onu Guterres, che ha preso parte alla cerimonia e che ha svolto un lavoro di difficile mediazione durato due mesi insieme al presidente turco Erdogan, padrone di case e vero trionfatore diplomatico nella vicenda, che oggi si può presentare come il grande salvatore del mondo dalla fame. Ma va ricordato che anche l’Italia ha avuto un ruolo meno propagandato. Fu Draghi con la telefonata a Putin del 26 maggio a mettere in moto il percorso, avanzato anche con il viaggio a Kiev e la spinta per l’ingresso dell’Ucraina nella Ue, fino al bilaterale del premier in Turchia l’altra settimana.

Russia e Ucraina hanno inviato per l’atto finale i loro ministri della Difesa (Shoigu per Mosca) e delle Infrastrutture, che hanno però siglato il documento in momenti separati, avendo come garanti le Nazioni Unite e la Turchia, padrona di casa. I rappresentanti delle due nazioni in conflitto hanno infatti rifiutato di sedersi allo stesso tavolo alla cerimonia e la collocazione delle rispettive bandiere è stata modificata in modo che non fossero l'una accanto all'altra.

Guterres ha spiegato che l'accordo – “l’atto più importante” del suo mandato alla guida dell’Onu – apre alla ripresa delle esportazioni commerciali di prodotti alimentari da tre porti ucraini: Odessa, Chernomorsk e Yuzhny. Le Nazioni Unite istituiranno un centro di coordinamento per monitorare l'attuazione. Le modalità sono complesse e questo ha comportato tempi lunghi nella messa a punto dei dettagli, anche se il principale ostacolo è stata per settimane la mancata volontà politica di superare il blocco. Mezzi ucraini guideranno le navi in corridoi sicuri nel Mar Nero fino al Bosforo, evitando le mine che Kiev ha disseminato per proteggere i propri scali marittimi. Mosca si impegna a non condurre azioni militari e a permettere la navigazione verso le mete concordate. La Turchia garantirà con ispezioni a bordo che le navi non vengano usate per trasportare armi o altre merci vietate. L'intesa sarà valida per 120 giorni ma rinnovabile e non si prevede che venga interrotta a breve.

L’attuale stop all’export di prodotti agricoli da parte della flotta russa del Mar Nero, che ha fermato una ventina di milioni di tonnellate di grano nei silos, ha aggravato le strozzature della catena di approvvigionamento globale e, insieme alle sanzioni occidentali, ha alimentato l’aumento esponenziale dei prezzi di cibo ed energia in tutto il mondo. Mosca ha sempre negato la responsabilità dell'aggravarsi della crisi alimentare, incolpando le misure economiche occidentali di aver rallentato le proprie esportazioni di cibo e fertilizzanti e l'Ucraina di aver minato gli accessi ai suoi porti sul Mar Nero.

In ogni caso le conseguenze sono pesantissime. L’anno scorso il grano ucraino ha sfamato 400 milioni di persone nel mondo. La mancanza di rifornimenti e i prezzi altissimi stanno già provocando penuria e rivolte in alcuni Paesi africani, a partire dal Sudan e dalla Nigeria. Le stesse Nazioni Unite non potevano più alimentare il flusso degli aiuti in alcune regioni del Pianeta. L’intesa raggiunta a Istanbul dovrebbe favorire l’arrivo sui mercati anche di olio di girasole, fertilizzanti e altri prodotti agricoli oltre ad abbassare considerevolmente i prezzi per i consumatori. E in effetti nelle ultime ore le quotazioni del grano sono scese nettamente.

L’accordo è stato accolto con favore da tutti i Paesi. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno sottolineato la responsabilità russa per la sua attuazione, ma l’Onu ha precisato che non vi sono clausole per eventuali inadempienze. Mosca ha garantito che non ne approfitterà per colpire i porti ucraini. Il fatto che l’intesa arrivi mentre si combatte apertamente, e anche con ferocia, la rende ancora più significativa. E ci si può chiedere perché lo sblocco arrivi in questo momento. Ne avrà certo un vantaggio l’Ucraina che può vendere i circa 20 milioni di tonnellate di grano ferme nei depositi e fare posto per il nuovo raccolto, ridando speranze a milioni di propri contadini.

A livello globale verrà, si deve sperare, sventata una catastrofe umanitaria che stava cominciando a concretizzarsi. Anche se alcune incognite ancora accompagnano la realizzazione del piano, tra le quali la mancanza di navi sufficienti per trasportare i prodotti in tempo utile. Quale sia il vantaggio di Mosca è invece più difficile da identificare. Certamente, il Cremlino otterrà un ritorno di immagine: non è più la potenza cinica che affama il mondo per condurre la sua guerra di aggressione e usa il grano come arma di ricatto, anche se lo ha fatto per molto tempo. Alla svolta può avere contribuito la pressione cinese perché la Russia non creasse troppe conseguenze destabilizzanti a lungo raggio con la sua operazione militare.

Ma c’è un altro aspetto rilevante e concreto. Anche i prodotti agricoli e i fertilizzanti russi sono di fatto quasi fermi. Si tratta di una quantità molto ingente di derrate e beni, altrettanto richiesti di quelli ucraini. Nessuno di essi è sottoposto a sanzioni internazionali ma, a causa della riluttanza delle compagnie di navigazione internazionali a fare affari con la Russia, Mosca ha avuto moltissimi problemi nel trovare navi per le proprie esportazioni attraverso il Mar Nero. Come sottolineano gli analisti della Bbc, l’accordo parallelo raggiunto a Istanbul, pur meno pubblicizzato, permetterà alla Federazione di esportare le proprie derrate con minori ostacoli da parte dei Paesi occidentali.

Si vedrà nel medio periodo se l’intesa è frutto della debolezza di una parte o dell’altra o semplicemente della ragionevolezza di fronte alla sofferenza di milioni di persone, e come potrà eventualmente spostare i destini del conflitto.

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