lunedì 1 agosto 2016
Le parole chiave di Cracovia 2016. (M. Muolo) Il Papa saluta Cracovia (A. Mariani e R. Maccioni) I Il grazie ai volontari I L'annuncio di Panama (R.Maccioni) | Il perché di una scelta (F.Ognibene)
Da «silenzio» a «ponte», le parole della Gmg 2016
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Ogni Giornata mondiale della gioventù ha le sue parole chiave. Non ha fatto eccezione Cracovia 2016, a partire dalla parola più importante di tutte, la misericordia, che ne era il tema e che il Papa ha declinato negli incontri con i giovani (e non solo) durante i suoi cinque giorni di permanenza nella patria di san Giovanni Paolo II. Eccone un breve elenco. Misericordia. Al cuore della Gmg, dell'Anno Santo e del Giubileo dei giovani. A Cracovia, in un certo senso la misericordia gioca in casa, dato che questa è la città in cui visse e morì la sua apostola, santa Faustina Kowalska. Francesco l'ha interpretata alla sua maniera, con parole e gesti (ad esempio la visita a un ospedale pediatrico), in nome della misericordia ha invocato pace sul mondo afflitto da guerre e terrorismo. E infine, nella veglia di sabato sera, ne ha dato una sintesi mirabile in uno dei passaggi chiave del suo discorso: "Il nostro Dio ci insegna a incontrarlo nell'affamato, nell'assetato, nel nudo, nel malato, nell'amico che è finito male, nel detenuto, nel profugo e nel migrante, nel vicino che è solo". Una misericordia concreta, tangibile, a portata di tutti. Giovani. E' la seconda parola chiave e non poteva essere diversamente. Loro sono stati i protagonisti, insieme con il Papa, come sempre nelle Gmg: un milione e seicentomila provenienti da tutto il mondo. Francesco li ha incontrati, accarezzati, stretti in un abbraccio davvero paterno, mai blanditi. Anzi, alcune delle espressioni che più resteranno più impresse nella memoria, sono quelle usate per stigmatizzare certi comportamenti. "Il mondo non ha bisogno di giovani-divano" o di "giovani pensionati già a 20 anni". Il mondo non ha bisogno di giovani "imbambolati, intontiti, addormentati", che si fanno rubare la libertà di decidere il futuro. Il mondo ha invece bisogno di "titolari", subito in campo a giocare la partita del cambiamento. Di ragazzi che lasciano il segno. "Non lasciatevi anestetizzare l'anima", ha concluso nell'omelia della Messa finale. E c'è da scommettere che questi giovani non lo permetteranno. Cambiamento. "Il mondo si può cambiare?", è stata una delle domande fonamentali che il Papa ha posto fino dal primo incontro di giovedì 28 luglio. Certo che si può cambiare e per questo Francesco conta molto sui giovani, dicendo loro che il mondo li guarda e che ha tanto da imparare da essi. "Noi adulti abbiamo bisogno di voi, per insegnarci a convivere nella diversità, per insegnarci che che è più facile costruire ponti che innalzare muri. Vi chiediamo che esigiate da noi di percorrere le strade della fraternità, che siate i nostri accusatori se noi scegliamo la via dei muri, dell'inimicizia, della guerra". Straordinario. Ponti e muri. Parole del chiave del Pontificato, lo sono diventate naturalmente anche di questa Gmg. Sì ai primi, no ai secondi, ha ribadito il Papa. Fino a chiedere di cominciare subito a costruire quello che ha definito un "ponte primordiale", cioè lo stringersi delle mani in segno di fratellanza. E' stato uno dei momenti più intensi della veglia di sabato 30 luglio. Silenzio. Nei giorni polacchi di papa Bergoglio hanno parlato anche i silenzi. Anzi "il" silenzio. Il grande silenzio della visita ad Auschwitz. "Signore abbi pietà del tuo popolo. Signore perdona tanta crudeltà", le uniche parole del Pontefice, vergate di proprio pugno sul libro d'onore dei visitatori del lager. Per il resto Francesco ha lasciato che a esprimersi fosse il grido di avvertimento di quell'immenso orrore. "Ecco a che punto si può arrivare, se si seguono le vie dell'odio". La visita, in senso strattamente tecnico, non faceva parte della Gmg. Ma il messaggio è arrivato chiaro e forte anche ai giovaniLinguaggio. Come di consueto il Papa ha usato un linguaggio ricco di metafore, tipicamente giovanili. Metafore tratte dallo sport: "Dio fa sempre il tifo per noi", "dovete essere titolari e non riserve". Oppure legate all'uso dei social. "Installate bene la connessione più stabile, quella di un cuore che vede e trasmette il bene senza stancarsi". "A Gesù non si può rispondere con un semplice messaggino". Chiaro, diretto, lampante. Proprio come un tweet. Mondo. E infine lo scenario di fondo. Il mondo, appunto. Francesco ha avuto il grande merito di non nasconderlo. Non ha fatto di questa Gmg un'oasi protetta o una serra per piantine gracili. Specie dopo gli avvenimenti tragici della vigilia. Il mondo era lì, in tutti i suoi interventi, con le sue luci e soprattutto le sue ombre: guerra, violenza, terrorismo, migrazioni, problemi economici. Si riascoltino a questo proposito i saluti dalla finestra dell'episcopio nelle sere di mercoledì 27, giovedì 28 e venerdì 29 luglio. Da quella finestra si è affacciata anche la sofferenza degli uomini. Una sera, il Pontefice ha anche notato: "Voi direte: ma questo Papa vuole rovinarci la festa". No, Francesco non l'ha rovinata, l'ha resa solo più reale e concreta. Perché il mondo, con i suoi mali, è esattamente l'oggetto del cambiamento cui i giovani sono chiamati da oggi in poi. Ed edulcorare la difficoltà di questa mission not impossible non serve. "Ci state?", ha chiesto al termine della veglia di sabato. La risposta arriverà solo vivendo.
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