Gli inutili «bla-bla» sullo sfruttamento e il potere-dovere di cambiare le cose
venerdì 9 luglio 2021

Caro direttore,

l’ennesimo 'schiavo' è dunque morto, di sfruttamento. Aveva la pelle nera e tutti ora sanno che si chiamava Camara, aveva 27 anni ed era originario del Mali. È morto lavorando sotto il sole cocente di queste estate. Non è la prima morte causata dallo sfruttamento lavorativo nel nostro Bel Paese. E sempre vengono colpiti gli ultimi, gli invisibili, fragili e per questo sfruttati da persone senza scrupoli. Anche questa volta se ne è parlato con i soliti tuttologi, vip in disarmo e politici di sempre a dire inutili ovvietà. Poi, è ricominciato il silenzio. Ci si dimenticherà di tutto, fino alla prossima vittima. È tutto così tremendamente squallido! Nemmeno la pandemia ha fatto tabula rasa delle baraccopoli dove vivono migliaia di operai agricoli immigrati, senza luce e acqua, fra immondizia a cielo aperto. Tutto questo succede ormai da decenni, senza che nessuna autorità istituzionale, andando oltre ai bla bla, vi ponga seriamente rimedio. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma purtroppo si può dire, che in Italia le leggi non vengono rispettate e i controlli sono un optional e quindi, di fatto, ci si può ancora arricchire sulla pelle di chi lavora.

Gabriele Cervi, presidente Cascinetta didattica Castelverde (Cr)


Non tutti hanno distolto lo sguardo dai campi italiani, assolati e ricolmi di bei frutti ma anche teatro di un lavoro non sempre sano e giusto, e a volte letale. Noi di certo no, caro presidente Cervi. E lei lo sa bene. Anche domenica scorsa, 4 luglio 2021, a dieci giorni dalla notizia della morte di Camara Fantamadi, la fotocronaca di prima pagina era dedicata al tema dei «ritmi mortali» di lavoro in certi contesti agricoli. Capisco, perciò, la sua amarezza e la sua indignazione di educatore e di operatore di solidarietà, sentimenti cristiani e civili che sono sentiti anche da tanta gente informata e, dunque, consapevole assieme a tanti piccoli e grandi imprenditori agricoli giusti e onesti che non sfruttano nessuno. Proprio loro accanto ai lavoratori dei campi, con la pelle di ogni colore, sono le altre vittime della disonestà degli sfruttatori. E dell’inerzia di coloro che hanno responsabilità politiche e amministrative e, nonostante i buoni esempi esteri e nel nostro stesso Paese (penso al Trentino), approfittano della debolezza dei poveri e lasciano che il problema di dare un tetto ai lavoratori immigrati sia 'risolto' dal disperante fai-date delle baraccopoli. Ecco perché continueremo, da cronisti e da cittadini, a fare la nostra parte per tenere gli occhi aperti e a incalzare chi a doveri e poteri per cambiare tutto questo.

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