lunedì 17 febbraio 2014
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Ci attende un monotono futuro in bianco e nero? Così sembra, dato che non solo i colori, ma addirittura le sfumature di grigio paiono destinate a sparire come inutili intralci in un disegno fatto di nitide linee. Quanto non si sovrappone perfettamente ai due colori esclusivi  appartiene a sfumature gradatamente relegate nell’alveo dell’irrilevanza. D’altra parte di certezze assolute (o presunte tali) il nostro mondo si nutre. Lo si vede in ogni campo: dall’ossessione del bipartitismo perfetto che all’altare della governabilità sacrifica il valore della rappresentanza, dalla cultura neopositivista della concretezza esteriore che fagocita la parte non misurabile dell’essere umano, dagli stessi ingenui semplicismi che vorrebbero rappresentare la storia degli uomini e dei popoli in una successione facilmente intellegibile di pochi eventi stilizzati e via discorrendo. Si tratta dell’homo che da faber sui tenta di ergersi a demiurgo sull’esistente e che molto frequentemente dietro l’orpello della linearità a tutti i costi nasconde obiettivi di ben altra natura. Non si riesce bene a capire oggi come possa un’economia che si dibatte in una crisi di inaudita portata, prodotta in gran parte da liberalizzazioni esasperate, mosse dalla volontà di dare respiro all’abusata mano invisibile del mercato, vogliano ora (senza rinnegare nulla di tutto ciò) essere loro stesse a guidare, ahimè con le stesse logiche, il mondo verso un nuovo sviluppo. Il privato, quindi, o il pubblico, null’altro che non possa essere omologato con il bianco o il nero.In un paradigma di questo tipo le cooperative, e le cooperative di credito in particolare, non hanno ragion d’essere: essendo realtà "colorate" non possono stare dentro l’archetipo di un mondo in bianco e in nero, anzi i loro stessi tratti caratteristici (indispensabili alla loro sopravvivenza) possono facilmente essere scambiati per limiti, ma si tratta di limiti che sono tali solo nel mondo in bianco e nero. In quel mondo l’efficienza è data dalle economie di scala e non esiste la possibilità (già peraltro individuata più di un secolo fa da Alfred Marshall) di economie di rete; in quel mondo le informazioni sono dirette e non esiste il problema delle asimmetrie informative, in quel mondo l’unica regola è il profitto individuale e non esiste l’automatica ridistribuzione delle risorse sul territorio. Ma ancor più nel mondo in bianco e nero gli Stakeholders, i portatori di interessi, sono ben individuabili, parcellizzabili insieme alle eventuali quote partecipative, e ben radicati alla contemporaneità da una logica di brevissimo periodo. Nel mondo a colori esiste anche il mutualismo (che è anzitutto auto aiuto), la contiguità col territorio, una logica di lungo periodo che ha radici secolari e che vorrebbe proiettare la propria esperienza nel mondo dei nostri nipoti, che ha grande rispetto per risorse faticosamente consolidate da più generazioni. Che ha in sé, in poche parole, elementi che si chiamano "economia sociale", "economia comunitaria", che non teme lo "scambio asimmetrico", tutte cose che nel mondo in bianco e nero potrebbero facilmente essere scambiate per limiti o, peggio, per vizi come, tanto per fare un esempio, il conflitto di interessi: nel mutualismo c’è più accordo che conflitto, più collaborazione e complementarietà che concorrenza…È del tutto legittimo, quindi, che chi vuole rimanere nel mondo a colori chieda regole (che vanno assolutamente rispettate) non totalmente allineate con quelle generiche del mondo in bianco e nero. E ne ha ragione essendo una richiesta che va a beneficio di tutti: il mondo a colori potrebbe essere l’alba di un mondo nuovo, potrebbe essere l’unico ambiente capace di accogliere tutti nel titanico sforzo di uscire da una crisi certamente non episodica… A meno che qualcuno abbia fatto il meschino calcolo di sacrificare a un Moloch in bianco e nero una porzione limitata, ma importante della nostra geografia e ancor più della nostra storia. Certo, annullare concorrenti e tentare di occupare spazi non trascurabili di mercato può placare un po’ di fame, ma solo per poco, data l’infinita voracità di molti abitatori del mondo in bianco e nero.
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