giovedì 20 settembre 2012
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​Il "piccolo" (28 anni) non riusciva a dormire, solo nella sua cameretta; aveva crisi di panico e i genitori lo dovettero riaccogliere a casa, dopo aver fatto di tutto per convincerlo finalmente a uscirne. Era il 2001 e la commedia francese Tanguy raccontò con stile e ironia la parabola di coloro che anni dopo in Italia furono chiamati "bamboccioni": saldamente piantati in casa (dei genitori), pasciuti e accuditi da madri e padri che a trent’anni li chiamano ancora «il mio bambino» ma che nella maggioranza dei casi sarebbero ben lieti di vederli affrancati. Il rapporto Coldiretti/Censis «Crisi: vivere insieme, vivere meglio», presentato ieri a Roma, offre una fotografia aggiornata della realtà di casa nostra: un italiano su tre, tra i maggiorenni, vive con almeno un genitore, e quattro su dieci abitano a meno di 30 minuti a piedi dalla casa in cui sono cresciuti. Andando più in profondità, si vede che il «bisogno di vicinanza» riguarda non solo coloro che hanno tra i 18 e i 30 anni e dunque probabilmente non si sono ancora "sistemati" – vivono con i genitori nel 60% dei casi – , ma anche massicciamente i 30-45enni: uno su quattro coabita, quasi uno su due vive nei pressi. "Vivere insieme, vivere meglio", recita la ricerca. Ed è innegabile. I legami familiari, quando funzionano, sono rassicuranti, compensano le tante forme di precariato cui sono sottoposti i giovani, e non solo dal punto di vista economico. La famiglia, oggi, è ciò che ha consentito all’Italia di stare a galla in mezzo alla burrasca, il migliore e più efficiente ammortizzatore sociale. Ma questo "familismo" – non certo amorale, anzi, tutt’altro – presenta il conto. Anzi i conti, perché i prezzi da pagare sono almeno due. Il primo è personale: il raggiungimento dell’autonomia è il destino naturale di ogni uomo e di ogni donna. Si cresce davvero quando ci si rende indipendenti, quando si affrontano le difficoltà da soli, con le proprie forze, anche se non abbandonati a sé stessi. La conquista dell’autonomia e la formazione di una propria famiglia è importante tanto quanto il legame con la famiglia d’origine, e pur nei tempi difficilissimi in cui viviamo essa deve rimanere un obiettivo primario, pena la «crescita congelata», come l’ha chiamata qualche psicologo, di intere generazioni. Un aspetto secondario riguarda i padri e le madri, che vedono il proprio ruolo di accudimento dilatarsi ben oltre il dovuto. In Tanguy i genitori, non più giovani ma tutt’altro che spenti, desideravano che il figlio uscisse di casa per dedicarsi ciascuno all’altro. C’è qualcuno che li chiamerebbe egoisti? Il secondo prezzo da pagare è sociale. La famiglia d’origine a due passi da casa significa senz’altro legami stretti, affetti sicuri, ricchezza relazionale per i nipoti. E anche avere a disposizione una sorta di bancomat dei servizi sociali a costo zero. Non di rado i nonni supportano i figli impegnati nel lavoro facendo la spesa, stirando i loro panni e pulendo la loro casa. E soprattutto, fenomeno tipicamente italiano, sono baby-sitter a tempo pieno e senza stipendio. I vantaggi per chi gode di questi aiuti affettuosi è evidente, ma anche le ricadute sociali lo sono: la supplenza "casalinga" non stimola la diffusione di servizi pubblici essenziali a una società moderna com’è quella in cui viviamo. Non è un caso che l’Italia abbia una rete di asili nido largamente insufficiente e comunque non confrontabile con quella di altri Paesi europei: responsabilità dapprima di scelte politiche miopi, certo, ma almeno in parte anche della mentalità tutta italiana di arrangiarsi anziché reclamare con forza e senza sconti servizi, politiche "family friendly" e accorgimenti di conciliazione tra famiglia e lavoro che dovrebbero potenzialmente essere a disposizione di tutti, non solo di chi ha la sfortuna di vivere lontano dai parenti. Un’ultima notazione: considerando i mutamenti culturali – adolescenze protratte fino ai 40 anni, matrimoni tardivi, precariato cronico e via elencando – è lecito prevedere che lo slogan "Vivere insieme, vivere meglio" sarà vero ben oltre la fine della crisi. Quando verrà.
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