sabato 20 febbraio 2010
COMMENTA E CONDIVIDI
La Corte dei Conti ha parlato di un cancro, il giudice di Firenze ha descritto l’immagine di una «gelatina» criminale, e le due parole risvegliano disgusto e dolore. Corruzione è una parola che fa pensare al disfacimento, alla decomposizione. Viene da chiedersi se dopo la cloaca di Tangentopoli in cui sprofondò la Prima Repubblica, questo sentore cadaverico della cosiddetta Seconda non rappresenti altro che un nuovo ritorno vichiano di un ciclo storico dell’Italia, di un suo ricorrente destino.Qualcuno dice che a corruttori e concussori si affianca infatti a ogni livello una folla di disonesti, raccomandati, profittatori, evasori, millantatori, in un contesto di furba e sfrontata illegalità, così diffusa da contaminare l’immagine stessa dell’italico costume. Un po’ di vero c’è, ma non è tutto così, ed è ingiusto trasformare l’Italia intera in una "massa damnationis" facendo della corruzione il marchio originale d’una comune lebbra ereditaria. Anche questo pensiero sarebbe una sorta di gelatinosa disperazione. E invece no, di onesti ce n’è senza numero, gente che fa il suo dovere per dovere, e poi il volontariato per amore; gente che rifiuta la religione del denaro e include nei canoni dell’economia la gratuità del dono.Allora non facciamo confusione, col rischio di pensare "tutti corrotti nessun corrotto". Certo che disonesti ce ne sono dappertutto, ma non perdiamo di vista la specifica aggressività del cancro "corruzione" che fa marcire gli organi vitali e centrali (la pubblica amministrazione) del villaggio sociale, ne falsifica e capovolge la vocazione intrinseca. Un tarlo che corrompe il seme è peggio di una grandinata sul raccolto, perché distrugge il futuro, la speranza. E se ora ci accorgiamo che il guasto perdura, non è la rassegnazione descrittiva del male "incurabile" che ci giova, ma la voglia di riscatto, di terapia, di ricerca di nuovi antidoti.In questa prospettiva drizziamo le orecchie alla notizia che il governo ha intenzione di inasprire le pene per i reati di corruzione, e di prevenirli, e di rafforzare i controlli; problema questo che s’incrocia col bisogno di celerità e di efficienza nelle emergenze, ma che non può eludersi. Attendiamo di leggere il testo del disegno di legge, quando sarà pronto. Oggi la collera sostiene buoni propositi, noi vorremmo che domani vi tenesse dietro la costanza, la tenacia, la fedeltà nel realizzarli sul serio.Ma già subito, come nella chirurgia anticancro, la prima cosa è il bisturi. Via i corrotti. La nuova versione di impasto fra politica e affari, anche più plebea della fogna di Tangentopoli, senza più l’alibi della fame di soldi del partito, non troverà rimedio senza una buona scrematura, sia dei corruttori (dalle gare) sia dei corrotti (dalle cariche pubbliche). E poi, via gli indegni. È lecito chiedere, da subito, che per le regionali si presentino liste "pulite", cioè senza pregiudicati? Andiamo, può essere anche troppa grazia evitare i "discussi" che fan perdere voti, ci contenteremo di non vedere nomi di condannati con sentenza definitiva per delitto. Un giro su Internet ci dà notizia che di persone così condannate ce ne sono 19 in Parlamento, e nella scorsa legislatura erano 25. Ma davvero l’Italia scarseggia di certificati penali puliti? Forse giunge ora tempo che persone pulite si rituffino, con generosa fortezza, nell’agone politico disertato e smembrato; non per sé, ma per gli altri. E non solo con onestà penalmente misurata, ma con l’impegno evangelico, là dove si schierino, di non servire Mammona in luogo di Dio.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: