martedì 18 settembre 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
Caro direttore,
sono un ragazzo disabile, ho 17 anni e so che lottare è la regola numero uno, se vuoi sopravvivere. Per questo scrivo ad Avvenire. L’anno scorso i miei genitori sono ricorsi in Tribunale contro il ministero dell’Istruzione e, vincendo la causa, hanno ottenuto il ripristino delle ore di sostegno cui avevo diritto. Ma la tregua è stata breve. Quest’anno, quando è iniziata la scuola, ero in ospedale. Però le notizie mi hanno raggiunto ugualmente. Tutti i ragazzi disabili di Milano si sono ritrovati con la metà delle ore di "educatore" stanziate l’anno scorso. E il "mio" Michele, un educatore che per me era diventato un fratello maggiore, un ragazzo che mi ha sempre difeso, che sapeva prendere in giro e far ragionare me e i miei compagni, facendomi parlare con loro, non verrà più a scuola. Lui, che considerava un «privilegio» poter lavorare con me (così mi diceva!), proprio lui, quest’anno è rimasto senza lavoro. E nessuno si è preoccupato di spiegargli perché. So che martedì 18 settembre (oggi, ndr) il sindaco parlerà con i rappresentanti dei disabili e si cercherà un accordo. Ma non sono tranquillo. Anzi, sono quasi certo che la conclusione sarà sempre la solita: si parlerà di "emergenza", invece di dire "ingiustizia". Ho parlato con Michele che ha cercato di rassicurarmi: «Non ti preoccupare, Francesco, che ce ne importa? Noi restiamo amici. Le leggi non c’entrano con noi». Ho parlato con la mamma che mi ha detto, come se fosse tutto normale: «Non preoccuparti, è un periodo difficile, ma tutto si sistemerà...». Ho letto che il Comune risponde dicendo: «Non preoccupatevi, i fondi stanziati sono sempre quelli...». E allora...? Perché mi preoccupo? Mi preoccupo: perché a scuola ci vado io, non loro; e a scuola, senza Michele, tornerò a essere quello che sono stato senza di lui: un ragazzo che non può fare niente da solo e che nessuno ascolta. Ma io non voglio stare di nuovo zitto. Ancora nessuno è riuscito a togliermi il diritto a essere arrabbiato!
Francesco Gallone, Milano

 

Mi creda, caro Francesco, le leggi c’entrano con lei e con il "suo" educatore (e amico) Michele. C’entrano sempre. Le regole sono importanti e necessarie, ed è importante e necessario che siano ben fatte, che siano buone. È importante e necessario che funzionino e facciano funzionare il nostro stare insieme, che diano a una comunità il ritmo migliore, cioè quello che fa progredire ma tenendo in prima fila coloro che hanno un passo più difficile e, dunque, senza lasciare indietro nessuno. È importante e necessario che le regole non producano «emergenze» che davvero, a volte, come lei intuisce, sono solo il nome di comodo che diamo alle ingiustizie. Capisco, tuttavia, lo spirito con il quale Michele le ha detto quella frase – «Noi restiamo amici. Le leggi non c’entrano con noi» – e trovo che sia molto bello. Perché racconta di un vero rapporto vitale tra allievo e maestro e di un modo di lavorare, quello di Michele, che mette in gioco tutta la sua persona di educatore. È un modo che conosco, perché l’ho visto nei miei genitori insegnanti e in tanti – non tutti, ma davvero tanti – degli educatori che ho incontrato da ragazzo e in altri momenti della mia vita. Persone che mi hanno istruito, sostenuto, fatto crescere. Lei è lucidamente arrabbiato. E ce n’è motivo. Spero che il Comune di Milano trovi una soluzione al problema che si è creato con le attività di assistenza ai ragazzi disabili e confido che questo percorso positivo si avvii già oggi, nell’incontro tra le associazioni che rappresentano lei e tante altre giovani persone e il vicesindaco Maria Grazia Guida che so persona responsabile e sensibile. So anche che ci sono problemi finanziari e organizzativi non piccoli da risolvere. Ma credo che si possa e si debba venirne a capo, dando sensata priorità alle questioni che la meritano davvero (persino in questo tempo in cui la propaganda finisce spesso per prendere il sopravvento...). Auguri cari a lei, caro Francesco, e anche al "suo" educatore Michele. A lei di archiviare l’arrabbiatura e di mantenere intatta la grinta che dimostra. A Michele di poter continuare a fare, così bene, il suo prezioso lavoro.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI