Finestre rotte da riaggiustare
giovedì 16 febbraio 2023

Italia, febbraio 2023. Da Nord a Sud, a scorrere le operazioni riportate nelle cronache di agenzia, nelle ultime tre settimane si contano almeno un paio di centinaia di arresti di pusher: 29 fermi di spacciatori a Piacenza; 87 a Torino; alcune decine di arresti a Milano; altrettanti a Roma; altri ancora fra Brindisi e Lecce… Un fenomeno, quello dello smercio di droga a cielo aperto, che giocoforza si era interrotto durante le chiusure imposte dalle misure anti-pandemia, spostandosi sulle consegne a domicilio e sui pacchetti ordinati via web.

Tuttavia, quando le strade delle nostre città sono tornate a riempirsi di gente, lo spaccio en plein air si è rifatto vivo, dalla Kalsa di Palermo ai carrugi di Genova. Quel modello di controllo criminale del territorio, sperimentato dalla camorra in Campania e fatto di vedette in cima ai palazzi, inferriate e smercio in androni e porticati, ha rimesso piede in migliaia di piazzette, viali e vicoli d’Italia. Nella sola Capitale, tempo fa, un reportage di “Avvenire” ha individuato un centinaio di luoghi di spaccio, con “venditori” organizzati su turni, h24.

In un solo anno, le forze dell’ordine hanno messo a bilancio 23mila operazioni e 30mila denunce. Ma il fiume di stupefacenti cresce: 59 tonnellate sequestrate nel 2020, 91 nel 2021. I narcos nostrani sono riscesi in piazza, riaffacciandosi nelle strade della movida, ma anche in luoghi poco presidiati, ancor meglio se in stato di degrado o abbandono. Le “terre di nessuno” piacciono ai criminali, perché è facile impossessarsene.

C’è una suggestiva teoria criminologica, chiamata “delle finestre rotte”, elaborata nel 1982 da due studiosi statunitensi di scienze sociali, James Wilson e George Kelling: se qualcuno infrange con un sasso una vetrata e nessuno la ripara, dopo un po’ potrebbe pensare di rompere un lampione, poi di dare fuoco a un’auto e così via. Al contrario, è nell’esperienza di tutti come in un ambiente urbano vigilato e mantenuto con decoro si contengano meglio piccoli e grandi reati, favorendo un clima di rispetto delle norme.

Non sempre funziona. Ma qualche volta sì, come mostra quanto avvenuto alla periferia nord-est di Roma, in una delle prime borgate della Capitale: San Basilio. Sorta negli anni Trenta del Novecento, dopo il conflitto mondiale beneficiò del piano Marshall. Poi vi affluirono emigranti umbri e marchigiani. Campagna rosicchiata dal cemento. In anni recenti, nella zona si è infiltrata la longa manus di emissari della ‘ndrangheta, camorristi in trasferta e battitori liberi.

Sulla mappa della questura, San Basilio è diventata un cerchio in rosso. Finché la componente sana del quartiere ha detto basta e ha iniziato a riprendersi la borgata: due anni fa, gruppi di residenti hanno ripulito, e si sono restituiti, il parco di via Gigliotti, sloggiando i venditori di hashish e cocaina. Altri hanno convinto la sindaca Raggi e il successore Gualtieri a liberare uno stabile occupato dai pusher e a tramutarlo, col sostegno dei Ministeri di Interno e Sport, in una “palestra della legalità” dove ci si allena insieme agli atleti-poliziotti delle Fiamme oro.


Così, per tornare alla teoria di Wilson e Kelling, ora a San Basilio qualche “finestra rotta” è stata riparata, con effetti a cascata. E non accade solo a Roma. A Milano, diversi cittadini si battono da anni per ripulire il “bosco dello spaccio” di Rogoredo. E fra i palazzoni della napoletana Scampia (cristallizzata nell’immaginario collettivo, col “contributo” di certe fiction, come la Gomorra d’Italia) residenti e associazioni provano faticosamente a risanare il tessuto sociale, con esempi tenaci di resistenza civica, fra cui un’altra palestra, quella di Gianni Maddaloni, di cui scrive oggi il collega Massimiliano Castellani, costretta a fare i conti con la resistenza “cinica” delle istituzioni locali. Non è semplice, e serve impegno in prima persona. Eppure avviene, col sostegno delle Chiese locali, come su queste pagine si continua a raccontare.

È la conferma che la sfida di presidiare le strade non con ronde di vigilantes o burocratici agenti di quartiere, ma con iniziative concrete partite dal basso (di sport, legalità, formazione, cultura…) sottrae terreno alla malavita, recupera spazi di civiltà e offe una sponda civica all’azione di investigatori e magistrati. In certi momenti e in certe situazioni, ha scritto Ernest Hemingway, non bisogna pensare a ciò che non si ha, ma a ciò che si può fare con quel che si ha. Questo fa la differenza.

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