Fantantonio ha scelto: gioca solo in casa
mercoledì 26 luglio 2017

«Ah, da quando Baggio non gioca più... Non è più domenica», cantava tempo fa un nostalgico Cesare Cremonini. «Ah, da quando Cassano non gioca più...», cioè da ieri, da quando ha deciso di dire addio all’Hellas Verona e al calcio. Prima che cambi ancora idea, va detto che lo ha fatto per una ragione nobilissima, «dare la priorità alla famiglia, stare vicino a mia moglie e ai miei due figli».

Da uno che nella storia del calcio verrà ricordato alla voce «cassanate», sinonimo di «balotellate», ovvero stupidità e fragilità caratteriali tipiche del calciatore ricco di classe e di soldi, ma immaturo, beh è un bel doppio passo in avanti. Di Cassano possiamo dire tutto e il contrario di tutto, ma resta il fatto che è stato, a questo punto ci costringe a usare il passato, uno dei quattro migliori pensatori con i piedi visti sui nostri campi negli ultimi trent’anni.

Quando ancora al potere c’era la fantasia e non la tattica e la fisicità esasperata dei giorni nostri, allora un posto di privilegio ce l’hanno avuto i “magnifici quattro”: Roby Baggio, Alessandro Del Piero, Francesco Totti e Antonio Cassano. Gente che si riconosceva dal talento, dall’altruismo e dalla fantasia. Piedi vellutati che hanno avuto la capacità di accarezzare il pallone, e lo spettatore, il tifoso, persino a occhi chiusi sapeva riconoscerne il “tocco”. Il gesto unico che differenzia un bravo giocatore dal fuoriclasse. Baggio e Del Piero più ascetici e regolari. Totti un po’ più passionale e irriverente, un tribuno legato anima e cuore a una sola maglia e a una città, Roma. Dei quattro Cassano è stato il talento più nomade (ha cambiato 8 maglie, l’ultima quella del Verona appena indossata) e più precoce, perché molti ricorderemo il giorno che, a 17 anni (dicembre 1999), trascinò il Bari in una partita epica e mise in ginocchio l’Inter con un colpo da FantAntonio. La Roma lo prese per ricreare i gemelli della Lupa, Totti e Cassano. Impresa fallita.

E ancora più fallimentare fu la chance Real Madrid. Di “galattico” nella sua breve parentesi al Real restano le esilaranti imitazioni di Fabio Capello e le centinaia di merendine consumate per diventare un irresponsabile “gordo” panciuto da panchina. E di pancia è stata anche l’ultima decisione presa, in cui leggi tutta l’incertezza e la problematicità di un nevroromantico del pallone che avrebbe potuto fare e dare molto di più a questo sport. Ma ormai il tempo è scaduto. Caro Antonio, grazie comunque per averci provato. Ci hai fatto sorridere e disperare (quanto il tuo vero gemello, Mario Balotelli) in maniera sempre esagerata. Ed esagerato è stato anche il tuo addio, con le solite sceneggiate, ma almeno senza corna rivolte all’arbitro e finalmente chiedendo «scusa a tutti». E allora forse, al tuo triplice fischio di carriera, qualcosa rimane. Ricorda solo una cosa: nella vita di un uomo non è come nel calcio, non sempre esiste la possibilità di rifarsi nel secondo tempo e persino nei supplementari. E allora ti auguriamo di dare il meglio di te in questa “ripresa”. D’ora in poi giocherai soprattutto in casa, sul serio. Ed essere un padre e un marito buoni e veri per tutta la vita vale sicuramente molto di più di tanti tempi sbagliati. I tuoi, magari li rimpiangeremo pure: da ora, da quando Cassano non gioca più...

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